Non è stato un viaggio facile quello di papa Francesco in Belgio. E di certo il pontefice era ben consapevole che non lo sarebbe stato. Per questo la richiesta, prima della partenza, di accompagnarlo con la preghiera è parsa più di una semplice consuetudine e per questo noi siamo ancor più grati al Papa di averlo compiuto, questo viaggio. Potremmo dire che è stato un viaggio nel cuore dei problemi della Chiesa e delle maggiori opposizioni contemporanee al cristianesimo. La pioggia, fredda e battente, che fin dall’arrivo a Bruxelles ha accompagnato molti dei momenti della visita di Bergoglio in Belgio, è parsa ad alcuni un simbolo di un clima avverso non solo da un punto di vista atmosferico. Il re Filippo e il primo ministro, rompendo un poco i dettami dei protocolli diplomatici, nei loro discorsi di “benvenuto” hanno usato parole molto dure su come le gerarchie ecclesiastiche abbiano per alcuni decenni coperto, anche in Belgio, numerosi casi di abusi sui minori da parte di membri del clero, chiedendo che ora alle ferme condanne verbali seguano più concrete azioni di riparazione e di prevenzione. All’Università Cattolica di Lovanio, i cui 600 anni erano l’occasione di questo viaggio apostolico, un gruppo di studenti e docenti ha contestato il magistero di papa Francesco, affermando di apprezzarne l’impegno sociale e la spinta ecologica, ma ritenendo che «il suo appello allo sviluppo integrale sia incompatibile con le posizioni sull’omosessualità e sul posto delle donne nella Chiesa cattolica». Il Papa non ha negato, non si è arroccato, non si è sottratto al confronto. Ha ascoltato, ha chiesto perdono, ma ha anche ribadito – parlando a vescovi, clero e operatori pastorali riuniti nella Basilica del Sacro Cuore a dialogare con lui sul futuro della Chiesa – che “il processo di rinnovamento sinodale dev’essere un ritorno al Vangelo e non deve avere tra le sue priorità qualche riforma alla moda”. Dunque la ferma condanna, il dolore, perfino la vergogna per i crimini compiuti da alcuni preti e vescovi e per la mentalità omertosa che li ha accompagnati e coperti (il Papa ha ricordato anche il fenomeno drammatico delle “adozioni forzate” dei figli delle ragazze madri), ma anche l’indisponibilità della Chiesa a farsi guidare nel suo processo di riforma da dettami culturali mondani che rischiano di distorcerne il volto e allontanarla dal Vangelo, unico suo autentico e imprescindibile termine di riferimento. Non sono mancati, comunque, durante il viaggio in Belgio momenti gioiosi e sereni, come l’accoglienza dei bambini all’aeroporto, la veglia di preghiera con oltre seimila giovani al palazzetto dello sport, la colazione fuoriprogramma con un gruppo di poveri, rifugiati e senzatetto nella chiesa di Saint Gilles, nel cuore della capitale belga, all’ombra dei palazzi del potere. Ma soprattutto ha suscitato speranza la mattinata di sole in cui domenica scorsa si è celebrata la Messa conclusiva di questo viaggio, in uno stadio gremito da quasi 40mila persone, con i rappresentanti delle altre religioni e confessioni cristiane, a condividere un messaggio di apertura, pace, comunione e testimonianza di una vita buona possibile. Il Papa e la Chiesa di sicuro faranno tesoro di quanto emerso, non senza dolore, in questo viaggio, certi che dopo la pioggia, come sempre, tornerà il sole.
Un viaggio difficile
Non è stato un viaggio facile quello di papa Francesco in Belgio. E di certo il pontefice era ben consapevole che non lo sarebbe stato. Per questo la richiesta, prima della partenza, di accompagnarlo con la preghiera è parsa più di una semplice consuetudine e per questo noi siamo ancor più grati al Papa di averlo compiuto, questo viaggio.