Papa Francesco: a partecipanti progetto Custodi del Bello, “custodire le persone” nei luoghi lasciati all’incuria e al degrado

(Foto Vatican Media/SIR)

“Essere ‘Custodi del Bello’ è una grande responsabilità, oltre che un messaggio importante per la comunità ecclesiale e per tutta la società. Vorrei perciò riflettere con voi proprio sul nome del vostro progetto che non è un semplice slogan, ma indica un modo di essere, uno stile, una scelta di vita orientata a due grandi finalità: il custodire e il bello”. Così Papa Francesco nel corso dell’udienza stamani in Vaticano con i partecipanti al progetto “Custodi del Bello”, promosso dalla Conferenza episcopale italiana. “Custodire significa proteggere, conservare, vigilare, difendere – ha aggiunto –. È un’azione multiforme, che richiede attenzione e cura, perché parte dalla consapevolezza del valore di chi o di ciò che ci viene affidato. Per questo non ammette distrazioni e pigrizia. Chi custodisce tiene gli occhi ben aperti, non ha paura di spendere del tempo, di mettersi in gioco, di assumersi delle responsabilità”.
Ricordando le “tante persone ai margini, scartate, dimenticate in una società sempre più efficientista e spietata”, il Papa si è soffermato su poveri, migranti, anziani e disabili soli, ammalati cronici. “Eppure, ciascuno è prezioso agli occhi del Signore (cfr Is 43,1-4). Per questo vi raccomando, nel vostro lavoro di riqualificazione di tanti luoghi lasciati all’incuria e al degrado, di mantenere sempre come obiettivo primario la custodia delle persone che vi abitano e che li frequentano. Solo così restituirete il creato alla sua bellezza”. Proprio sulla bellezza, il Pontefice ha osservato: “Oggi se ne parla molto, fino a farne un’ossessione. Spesso però la si considera in modo distorto, confondendola con modelli estetici effimeri e massificanti, più legati a criteri edonistici, commerciali e pubblicitari che non allo sviluppo integrale delle persone. Un approccio di questo genere è deleterio, perché non aiuta a far fiorire il meglio in ciascuno, ma porta al degrado dell’uomo e della natura”. L’invito è quello a “imparare a coltivare il bello come qualcosa di unico e sacro per ogni creatura”.

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