Papa a Lovanio. Gay (storico): “Da questo ateneo contributo essenziale al Vaticano II”

Francesco visita oggi l’Università cattolica francofona di Louvain-la-Neuve. Con il professor Gay, docente di Storia del cristianesimo, ne ripercorriamo il contributo alla cultura belga ed europea, di ieri e di oggi. Dice: “Qui i giovani respirano un’aria europea”. Bergoglio “richiama la gioia del Vangelo”, è “l’esempio di una Chiesa che si mette in ascolto del tempo presente”

(Foto UCLouvain)

Un ateneo “cattolico a tutto tondo”, da sempre inserito nella cultura europea, alla quale ha notevolmente contribuito nei suoi 600 anni di storia. Papa Francesco visita oggi l’Université Catholique de Louvain, di lingua francese, situata a Louvain-la-Neuve. Sulla storia di questo importante centro di ricerca e insegnamento e sulle attese per l’incontro con il pontefice, parliamo con Jean-Pascal Gay (nella foto), docente di Storia del cristianesimo qui a Lovanio.

(Foto J.P.G.)

600 anni di storia: quale contributo alla cultura e all’identità europea ha portato l’Università di Lovanio?
La storia dell’Università di Lovanio per me si intreccia con la storia del cristianesimo della regione che oggi corrisponde al Belgio e con la vicenda del cristianesimo in senso più ampio, in Europa e nel mondo. È sempre stato un luogo complesso. Nel ‘500, ad esempio, è stata una università che ha accolto, promosso e formato l’umanesimo cristiano anche grazie al collegio trilingue fondato da Erasmo. Ma allo stesso tempo ha assunto una posizione estremamente ferma contro Lutero. Nel ‘600 fu un importante centro di lavoro teologico ed esegetico, così pure uno dei nodi del giansenismo europeo. Se dovessi indicare un contributo essenziale alla cultura europea, direi che Lovanio in epoca contemporanea ha dimostrato non solo la compatibilità ma anche la sinergia che può esistere tra un livello accademico molto elevato e la fede cristiana. E anche in Belgio ha favorito uno stile molto specifico di cattolicesimo, in cui università e Chiesa si compenetrano più che altrove.

Quale il contributo al pensiero cristiano, soprattutto nel ‘900 – per esempio al Concilio – e ai giorni nostri? Papa Francesco, parlando alla università cattolica di lingua fiamminga, ha invitato ad “allargare i confini della coscienza”…
Come cattolici quando pensiamo al contributo di Lovanio al Concilio ci riferiamo ovviamente alla partecipazione dei teologi belgi al Vaticano II. Come storico ritengo questo apporto tanto strategico quanto teorico. Strategico perché i teologi di Lovanio godevano di una posizione di prestigio e centralità che permetteva loro di essere ascoltati al Concilio. Dal punto di vista teorico, la loro attenzione alle dimensioni antropologiche e storiche, e anche all’ecumenismo, si è rivelata in linea con molte delle intuizioni del Concilio. Il focalizzarsi di questi teologi sulle realtà sociali si è fra l’altro reso molto importante nella Gaudium et Spes. Ci sono peraltro decisive influenze sul versante della teologia latinoamericana, sia della teologia della liberazione sia della “teologia del popolo”, tanto cara a Papa Francesco. Sulla questione, richiamata dal Papa, dell’allargamento della coscienza forse si ritrova nella stessa storia di questo contributo al pensiero cristiano, in una specie di attenzione profonda a tutti i livelli personali e sociali della realtà umana, contribuendo a plasmare il pensiero cristiano di oggi.

Lovanio è ritenuta una università “internazionale”. Qui si forma una nuova generazione di europei, che percepiscono l’Europa come loro “casa”?
Certamente. La diversa provenienza del corpo accademico e studentesco è sorprendente. Abbiamo programmi di studio intensi sulle questioni europee e beneficiamo della vicinanza delle istituzioni dell’Unione europea. Tutto ciò avviene però anche in uno stile molto “locale”, con una esperienza studentesca originale, comunitaria, in cui gli studenti europei trovano il loro posto. A mio avviso questo si traduce in una esperienza europea molto intensa. Qui i giovani respirano un’aria europea. È anche l’aria di un’Europa aperta al mondo, e in particolare al Sud globale.

Infine, professore, una domanda personale: quali le sue attese dalla visita di Papa Francesco? Il Papa, lo sappiamo, sta attraversando due Paesi, Lussemburgo e Belgio, molto moderni, secolarizzati. Francesco è venuto a ricordare il valore della testimonianza cristiana, anche nella cultura, e a portare speranza.
Come cattolico mi aspetto innanzitutto che il Papa faccia in Belgio ciò che ha fatto così bene dall’inizio del suo pontificato, ricordandoci la gioia del Vangelo e la vicinanza del Regno. La sua presenza a Louvain-la-Neuve si concentra sulle transizioni ecologica e sociale e anche in questo caso spero che potrà mostrarci come il Vangelo ha indicazioni e risposte per affrontarle. Come accademico sarò lieto di sentirlo parlare delle radici cristiane dell’Università e del valore spirituale del nostro compito. Ma devo anche dire, come si è visto dall’inizio della visita, che Papa Francesco è stato messo più volte alla prova su questioni importantissime e legittime (fra cui abusi e adozioni forzate – ndr) che attraversano la vita della nostra Chiesa. Tuttavia queste contestazioni sono state talvolta portate in una forma di superiorità morale che sorprende! Devo dire che Papa Francesco ci sta dando uno splendido esempio di ascolto, di umiltà, di pazienza, di magnanimità cristiana, e non possiamo che essergli grati per questo esempio. È l’esempio di una Chiesa che si mette in ascolto del tempo presente.

 

 

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