Su Change.org nei giorni scorsi è partita una petizione per vietare lo smartphone ai minori di 14 anni e l’utilizzo dei social agli under 16. L’appello denuncia i danni che l’uso precoce di questi strumenti causa su bambini e ragazzi. La questione attualmente è dibattuta anche in altri Paesi. Il Sir ha rivolto qualche domanda in merito a Daniele Novara, pedagogista e fondatore del Cpp – Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti, che ha promosso questa iniziativa insieme al medico e ricercatore Alberto Pellai.
Professor Novara, com’è maturata la vostra proposta?
Riteniamo che la situazione sia ormai fuori controllo. Nell’ultimo decennio, contrassegnato dall’avvento degli smartphone,i bambini sono entrati in una dimensione avversa alla loro crescita. In età sempre più precoce essi hanno libero accesso non a un banale telefono, ma a un minicomputer con potenzialità che non sono in grado di gestire. Tra l’altro
le neuroscienze hanno ormai dimostrato che ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale.
Durante l’utilizzo di questi dispositivi il cervello dei giovanissimi viene agganciato nelle aree dopaminergiche, si crea così una sorta di osmosi tra attività cerebrale e tecnologia. Il risultato è la dipendenza. La proposta chiede dunque di considerare smartphone e socialmedia alla stregua di alcol e tabacco, attualmente vietati al di sotto di una certa età.
Quali sono i danni più diffusi che questi dispositivi causano?
Ci sono due tipi di danni: uno diretto, che si manifesta appunto con la dipendenza; altri invece sono indiretti, perché hanno ripercussioni sullo sviluppo della personalità, sulle potenzialità cognitive e di apprendimento dei bambini e dei preadolescenti. A evidenziare lesioni sono anche le capacità attentive, sempre più ridotte e labili negli studenti.
Anche i disturbi dell’ansia, del sonno e alcune forme depressive sono legati alla sovraesposizione agli smartphone. Ci sono conseguenze che riguardano la vita affettiva, spesso attraverso questi strumenti i giovanissimi hanno accesso alla pornografia e assimilano un’idea meccanica, performativa e misogina della sessualità. Poi c’è la questione della sedentarietà, che determina sovrappeso, e della tendenza all’isolamento.
Il futuro sembra riservare uno spazio sempre maggiore alle intelligenze artificiali. Cosa ne pensa?
L’utilizzo delle intelligenze artificiali può probabilmente essere un’ottima risorsa, ma per persone adulte che siano in grado di gestirle. In questo momento
è fondamentale che i piccoli siano preservati da quegli equivoci tecnologici che possono condizionare negativamente il loro processo di crescita e di maturazione.
Nei minori di quattordici anni le intelligenze artificiali possono accentuare la confusione tra realtà e quello che reale non è affatto.
La necessità di un divieto nasce anche da una crisi educativa delle figure genitoriali?
All’inizio i genitori non si sono resi conti di quello che stava accadendo. Gli smartphone sono divenuti pian piano tra i regali più gettonati per le ricorrenze speciali, come compleanni, prima comunione e festività. Oggi
siamo il Paese in Europa che ha il maggior numero di smartphone in dotazione a minori. Quando l’utilizzo è divenuto eccessivo, le famiglie non sono state in grado di opporsi.
Oggi assistono impotenti a una invadenza incontrollabile di questi dispositivi, alle sollecitazioni continue che il marketing mette in atto attraverso notifiche e claim, trasformando i bambini in consumatori. Purtroppo
molti genitori sono venuti meno alla titolarità educativa. Vogliono essere amici dei figli,
sono servizievoli, così cresce il numero dei bambini dispotici. C’è poi il mito del dialogo: l’educazione non è questione di parole, ma di organizzazione e negoziazione continua. Il dialogo da solo non è sufficiente.
Si può educare a un corretto uso degli smartphone?
So che ci sono specialisti impegnati anche nelle scuole a insegnare il “buon uso” degli smartphone. Ma – come mettiamo in evidenza nel nostro appello –
lo smartphone è proprio inadatto ai minori di 14 anni:
non si può trasformare uno strumento sbagliato e problematico in qualcosa di sostenibile e accessibile.