“La fede va inculturata e le culture vano evangelizzate”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, a proposito della “ forza di promozione umana e sociale del messaggio cristiano” che “risalta in modo particolare nella storia di Timor Orientale”, terza tappa del suo viaggio apostolico in Asia e Oceania, di cui nella catechesi dell’udienza di oggi ha ripercorso le tappe. “Lì la Chiesa ha condiviso con tutto il popolo il processo di indipendenza, orientandolo sempre alla pace e alla riconciliazione”, ha raccontato Francesco: “Non si tratta di una ideologizzazione della fede, no, è la fede che si fa cultura e nello stesso tempo la illumina, la purifica, la eleva. Per questo ho rilanciato il rapporto fecondo tra fede e cultura, su cui già aveva puntato nella sua visita San Giovanni Paolo II”. “Ma soprattutto io sono stato colpito dalla bellezza di quel popolo: un popolo provato ma gioioso, un popolo saggio nella sofferenza”, ha rivelato il Papa: “Un popolo che non solo genera tanti bambini – c’era un mare di bambini – ma insegna loro a sorridere. Non dimenticherò mai il sorriso dei bambini: i bambini sorridono sempre lì, e ce ne sono tanti. E questo è garanzia di futuro. Insomma, a Timor Orientale ho visto la giovinezza della Chiesa: famiglie, bambini, giovani, tanti seminaristi e aspiranti alla vita consacrata. Ho respirato aria di primavera!”.