“Chi sapeva? Non sono in grado di dirlo. E’ certo che alcuni vescovi sapessero. Occorrerà un’inchiesta storica”. Per la prima volta, mons. Eric de Moulins- Beaufort, arcivescovo di Reims e presidente della Cef, parla del caso Abbé Pierre che a seguito delle rivelazioni sulle violenze sessuali da lui commesse, sta sconvolgendo di nuovo l’opinione pubblica francese. Lo fa ai microfoni della Radio cattolica francese “Rcf” commentando la notizia – diffusa oggi dalla Cef – dell’apertura senza scadenza di tempo degli archivi che riguardano il sacerdote fondatore del Movimento Emmaus. Il presidente dei vescovi fa sapere che si tratta di un dossier “scarno” contenente “qualche lettera” che dimostrerebbero comunque che l’ufficio centrale dei cardinali dell’epoca, “era a conoscenza del comportamento” del religioso. Ci sarebbe anche un riferimento sullo stato di malattia del sacerdote e della sua partenza per la Svizzera. Alla giornalista di Rcf, mons. de Moulins- Beaufort ha raccontato che negli anni ’50, quando i suoi comportamenti cominciavano a emergere, “la Chiesa ha cercato di aiutarlo, imponendogli un soggiorno psichiatrico in Svizzera” e un accompagnatore. Quanto però al grado di conoscenza di questi fatti all’interno della Chiesa, Eric de Moulins-Beaufort ha assicurato di “non poter dire” chi sapesse cosa. “Alcuni vescovi conoscevano certamente un certo numero di fatti, ma quali esattamente? Ci vorrà un’indagine storica per dirlo e incoraggio fortemente l’indagine che Emmaüs ha appena aperto”, ha aggiunto. “A quanto pare, l’abate Pierre è sempre riuscito a aggirare questo problema”. Il sacerdote inoltre “non viveva in un contesto ecclesiale, viveva con Emmaüs” e “è soprattutto qui che dobbiamo cercare di capire”. Il presidente dei vescovi invita però a non pensare che la Chiesa non abbia fatto nulla. “Ha fatto ciò che poteva fare nel contesto storico dell’epoca. Oggi, non sarebbe assolutamente sufficiente ma nel contesto dell’epoca era qualcosa”. La cosa “inquietante” – ha aggiunto – è come sia stato poi possibile un “black-out” totale sulla vicenda per oltre 50 anni.