La febbre della Terra

"Spera e agisci con il Creato" era il tema della Giornata mondiale dell'1 settembre. Ma com'è noto il forte invito si estende per lo meno a tutto il mese (fino al 4 ottobre), chiamato "Tempo del Creato", per spingerci a riflettere e ad agire un po' più a lungo e non solo per un giorno, dal momento che, anzi, dovremmo pensarci e agire di conseguenza per tutto l'anno, cioè sempre.

“Spera e agisci con il Creato” era il tema della Giornata mondiale dell’1 settembre. Ma com’è noto il forte invito si estende per lo meno a tutto il mese (fino al 4 ottobre), chiamato “Tempo del Creato”, per spingerci a riflettere e ad agire un po’ più a lungo e non solo per un giorno, dal momento che, anzi, dovremmo pensarci e agire di conseguenza per tutto l’anno, cioè sempre. Anche nel suo videomessaggio per la “Rete mondiale di preghiera” (già, per noi, “Apostolato della preghiera”), papa Francesco è tornato sull’argomento in termini accorati, supplicando quanti hanno delle responsabilità decisionali al riguardo ma anche ciascuno di noi ad “ascoltare con il cuore il grido della Terra”, che ha ormai davvero la “febbre”: quell'”alta temperatura”, che denota in noi un malessere da curare subito, ormai affligge – questa volta nel vero senso della parola – il pianeta che va surriscaldandosi dalla terra all’acqua al cielo. Credo che ormai tutti – oltre alle continue esortazioni di papa Francesco, il leader mondiale che con più forza, continuità e fermezza torna sull’urgenza di rimedi immediati – abbiamo avuto modo di leggere o ascoltare interventi di scienziati e di esperti che fanno drammaticamente, ma purtroppo realisticamente, il punto sulla situazione della “crisi climatica” o, in senso più ampio, della “crisi ambientale” a cui sono sottoposti, insieme con la Terra e la sua atmosfera, tutti gli esseri viventi che vi brulicano, umanità compresa. Anche tra i corsi di formazione per giornalisti (per l’acquisizione dei crediti obbligatori), numerosi sono quelli relativi alla questione che mettono severamente in guardia sui gravi rischi ormai già reali e sulla responsabilità dei media – ahimè spesso disattesa o sottovalutata – nell’informazione e nella sollecitazione sulla tutela dell’ambiente, tanti ormai sono i dati pubblici allarmanti da conoscere e da comunicare. L’opinione, anzi la certezza, ormai diffusa tra gli studiosi – ma di cui sono consapevoli molti, compresi i responsabili delle nazioni, come pure la gente comune – è che siamo già oltre il limite ed è urgente correre ai ripari da subito, anzi …da ieri! Eppure non ci si muove abbastanza. Dopo la Cop 21 (Conferenza delle Parti) di Parigi del 2015 si era firmato un accordo per limitare drasticamente le emissioni di CO2; all’ultima Cop 28 di Dubai ci si è rallegrati per aver concordato l’avvio progressivo dell’eliminazione (riduzione intanto) dei combustibili fossili… Ma anche chi aveva cominciato a fare sul serio (mentre non pochi tiravano indietro), come la nostra UE, sembra ora frenare. Tenere l’aumento medio della temperatura terrestre entro il 2030 sotto i +2 gradi dall’era industriale risulta impossibile; l’obiettivo della eliminazione delle auto a benzina nel 2035 si rivela utopistico, come pure quello di arrivare alle emissioni 0 entro il 2050… Anche i politici più illuminati in tal senso si sentono costretti a fare marcia indietro proprio a causa delle pressioni popolari, ben più consistenti e persuasive delle eclatanti manifestazioni ambientaliste. E d’altra parte perché “sacrificarci” se gli altri (es. Cina) non lo fanno, spostando la lancetta al 2060 o addirittura al 2070? E come andare incontro a chi è più penalizzato in questa corsa obbligata poiché sostenerli risulterebbe …insostenibile? Quel che sembra contare di più è il Pil: ma – ci viene giustamente osservato – che ne faremmo di un Pil in crescita se ci condanniamo a una vita impossibile? I fenomeni estremi sono sotto lo sguardo di tutti; e provocheranno – siamo avvertiti – 200 milioni di profughi ambientali e 150 milioni di persone impoverite. Infatti, come lucidamente sottolinea il papa – i primi danneggiati sono i poveri ed è evidente che le risposte al problema generale “non possono essere solo ecologiche, ma anche sociali, economiche e politiche”. Possiamo sentirci interpellati direttamente anche solo per il fatto che la temperatura si è alzata sensibilmente pure da noi. In questi giorni si conclude con la sesta tappa sulla Marmolada la “carovana dei ghiacciai” di Legambiente, a considerare mestamente la loro fatale progressiva estinzione; l’Arpav ci documenta che nella nostra Regione in luglio-agosto sono stati sbriciolati i record precedenti sia per le temperature medie sia per le “notti tropicali” (in cui il termometro non scende mai sotto i 20°)… Ce n’è abbastanza per sentirci coinvolti e per impegnarci in prima persona a fare e a far fare qualcosa, prima che sia troppo tardi (pur essendolo già).

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