Venezia81: a Marco Bellocchio il 25° premio Robert Bresson

(da destra) mons. Davide Milani, Marco Bellocchio, Giuseppe Tornatore, beatrice Beleggia (ph. Karen Di Paola)

Marco Bellocchio ha ricevuto il 25° premio Robert Bresson, in occasione dell’81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il riconoscimento, conferito dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e dalla Rivista del Cinematografo con il patrocinio del Dicastero per la Cultura e l’Educazione e del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, è assegnato a un regista che abbia dato una testimonianza significativa, per sincerità e intensità, del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della vita.
A fare gli onori di casa, il presidente della Biennale di Venezia, Pietrangelo Buttafuoco: “Nella banalità, nell’ovvietà, nella dimenticanza del guardare c’è un innesto, che è il senso stesso dell’arte: il saper vedere, il saper costruire. È un grimaldello che l’arte cinematografica ci offre per affrontare il passaggio dall’orizzontale, la condizione su cui tutto diventa superficie, alla profondità dell’elevazione. È importante affinarsi nell’esercizio di scoprire quel che nell’invisibile si mostra visibile. E nell’immaginarlo in un’opera d’arte, qual è un film, la maestria di Bellocchio ci costringe a un’attesa”. “Ero giovanissimo, sognavo di occuparmi di cinema, lessi una sua intervista: c’era anche una sua foto, indossava un parka militare. Così, la prima cosa che ho fatto a Torino da universitario fu comprare un parka come il suo al mercato delle pulci, sperando mi portasse bene”, ha aggiunto il direttore della Mostra del Cinema, Alberto Barbera, da sempre vicino al Premio Bresson, nonché legato a Bellocchio da antica frequentazione.
A introdurre il premio, Davide Milani, presidente dell’Ente dello Spettacolo e direttore della Rivista del Cinematografo: “La nostra presenza a Venezia è attraversata da una domanda: qual è l’immagine mancante? La Mostra ha risposto a questo interrogativo, componendo un mosaico di immagini che raccontano le tensioni del nostro tempo,
parlano al cuore dell’uomo e alla sua anima”. Milani ha condiviso la lettera inviata dal card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione: “Bellocchio è un genio creativo il cui lavoro segna una traccia importante nella storia del cinema. Fin dai suoi esordi, ha dimostrato una straordinaria capacità di esplorare la complessità dell’animo umano attraverso una lente cinematografica unica, incisiva e riconoscibile”.

Foto Ente dello Spettacolo

“La realtà così com’è non basta, sembrano suggerirci entrambi. Bisogna aprirla con il bisturi del cinema perché possa sgorgare l’invisibile, che si manifesta come mistero di luce e di ombre”, si legge nella motivazione del riconoscimento -. “Sul piano inclinato delle macchinazioni della Storia – ricca di accenti escatologici in Bresson, più terreni in Bellocchio – il cinema di questi due giganti non scivola mai ma risale, cercando quella libertà che vince ogni gravità, fino alla morte. Ed è la croce la chiave di volta iconografica che sorprendentemente sospinge entrambi: là dove lo schermo si incurva nel bagliore della Grazia, in Bresson. Nella vita che si schioda, liberata dalla preghiera di un bambino, in Bellocchio”.
A consegnare il premio, Giuseppe Tornatore, che nel 2000 fu il primo regista a ricevere il riconoscimento. “Ho amato tutti i suoi film – ha ricordato -; addirittura “Nel nome del padre l’ho visto quando facevo il proiezionista”.

Foto Ente dello Spettacolo

Nel ritirare il riconoscimento, Bellocchio non nasconde l’emozione e l’ironia: “Per la mia formazione cattolica, diffido quando si parla di geni, ma accetto il premio molto volentieri. Non sono cattolico ma la dimensione spirituale e la tensione verso l’invisibile sono elementi propri dell’arte cinematografica. Dobbiamo in tutti i modi cercare un dialogo tra chi crede e chi non crede, senza combattersi”. Intenso il suo rapporto con Bresson: “Da studente al Centro sperimentale rimasi sconvolto dal suo rigore e dalla sua essenzialità. ‘Un condannato a morte è fuggito’ è stato un mio punto di riferimento: c’è la lotta contro la disperazione, la resistenza per conquistare la libertà. Un messaggio che vale per cattolici e laici”.

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