“Non è facile iniziare la settimana e la giornata con questa Parola che abbiamo appena ascoltato, con questa duplice accusa che Gesù rivolge agli scribi e ai farisei e che, in qualche modo, rivolge anche al nostro essere credenti: l’accusa di essere ipocriti e di essere ciechi”. Lo ha detto, stamattina, mons. Alessandro Giraudo, vescovo ausiliare di Torino, alla messa, nella basilica di Maria Ausiliatrice, celebrata in occasione dell’Incontro nazionale dell’Ordo Virginum, in corso da ieri al 28 agosto, a Casa don Bosco-Valdocco (via Maria Ausiliatrice 32), a Torino.
“La radice dell’ipocrisia è nel cercare di afferrare per noi, nel non riconoscere che siamo chiamati ad accompagnare e non a stringere, non ad usare, non a prendere per noi – ha osservato il presule -. E la radice più profonda della cecità è l’incapacità di riconoscere chi sia il Dio in cui crediamo e quindi dove sia quella vera gioia che abbiamo invocato nella preghiera della Colletta con cui abbiamo iniziato la nostra celebrazione eucaristica”.
Di qui l’invito: “Possiamo accogliere, allora, la preghiera e la promessa che risuonava nelle parole di Paolo alla comunità di Tessalonica, una comunità che stava cominciando a smarrire proprio la tensione verso quella vera gioia. E l’invito, la preghiera, la promessa che riceviamo ancora una volta da Dio è che quando siamo in comunione con Lui possiamo attraversare anche le fatiche del cammino quotidiano senza smarrire quel desiderio profondo, quell’amore che ci ha conquistati, quella gioia che ci è promessa e che già sperimentiamo quando abbiamo il coraggio di spogliarci della nostra ipocrisia, di quel desiderio dell’avere ragione e del poter conquistare qualcosa o qualcuno, per essere invece sempre afferrati da Cristo e per poter vedere e riconoscere Colui che ancora una volta si dona per noi, Colui che è davvero la gioia che non ha fine, è davvero la promessa della vita, è davvero la Parola che ristora il nostro cammino e che illumina il nostro sguardo”.