Bangladesh: Save the Children, i bambini Rohingya vivono “nella paura costante” a sette anni dalla fuga dal Myanmar

I bambini Rohingya vivono “nella paura costante” a causa dell’aumento della criminalità e della violenza nei campi profughi in Bangladesh, sette anni dopo la fuga di più di 700mila persone dalle violenze in Myanmar. Lo dichiara oggi Save the Children, che a Cox’s Bazar ha intervistato 73 rifugiati Rohingya, per lo più donne e adolescenti, i quali hanno descritto un aumento della violenza nei campi, tra cui rapimenti a scopo di riscatto, sequestri e reclutamento di bambini da parte di gruppi armati Rohingya in Bangladesh.
I bambini e i loro genitori – viene spiegato in un comunicato – hanno raccontato di vivere in uno stato di costante paura dei gruppi armati, soprattutto di notte. La violenza – e la paura della violenza e dei rapimenti – spingono molte famiglie Rohingya a rimanere nei propri rifugi e a impedire ai figli di uscire. I livelli di stress, ansia e depressione erano già alti – ricorda l’Ong – e dai focus group è emerso che i problemi di salute mentale sono aumentati a causa della condizione di maggiore insicurezza. Quasi la metà (48%) delle famiglie di rifugiati intervistati è preoccupato per la criminalità e la violenza, e il 37% ha dichiarato di sentirsi “molto insicuro” o “un po’ insicuro” quando esce da solo di notte, secondo una valutazione condotta dal gruppo di coordinamento umanitario di Cox’s Bazar.
Le famiglie intervistate hanno anche riferito un aumento dei matrimoni infantili e di quelli forzati. Alcune hanno affermato che componenti di gruppi armati hanno sposato con la forza donne e ragazze Rohingya, mentre altre hanno detto che il matrimonio infantile è l’unico modo per proteggere le loro figlie dalla violenza sessuale. La paura di uscire da casa – sottolineano dall’Ong – ha determinato una riduzione del numero di persone che accedono ai servizi forniti da Save the Children, tra cui la distribuzione di aiuti e l’accesso ai centri educativi e sanitari, soprattutto nei mesi di maggio e giugno. L’organizzazione ha registrato anche una diminuzione del numero di volontari Rohingya nei campi profughi: gli operatori sanitari della comunità hanno descritto occasioni in cui avevano troppa paura di lasciare i centri sanitari da soli per le visite alle famiglie, interrompendo così l’accesso all’assistenza sanitaria dei rifugiati più vulnerabili.
“Tra i genitori – afferma un membro dello staff di protezione dell’infanzia di Save the Children a Cox’s Bazar – prevale la sensazione di paura. Anche i bambini e gli adolescenti sono spaventati, hanno paura di uscire di casa, di dover affrontare eventuali problemi all’esterno. Di conseguenza, ci sono meno bambini nei parchi giochi o per le strade all’interno dei campi. I nostri volontari e gli assistenti sociali dicono che il numero di bambini che accedono ai nostri servizi è improvvisamente diminuito. Hanno paura a venire”. “Criminalità e violenza – dice Shumon Sengupta, direttore nazionale di Save the Children in Bangladesh – sono ora tra le più grandi paure dei rifugiati. Per sette anni, i rifugiati Rohingya sono stati confinati nei campi con una libertà di movimento limitata. Non hanno un posto dove scappare, dove poter sfuggire alla minaccia di rapimenti e violenze”. “I bambini Rohingya non dovrebbero crescere nella paura”, ammonisce, evidenziando che “nei campi in cui le autorità del Bangladesh sono intervenute, i livelli di criminalità sono diminuiti: esortiamo il nuovo governo provvisorio del Bangladesh ad ascoltare le preoccupazioni dei bambini Rohingya e a proteggere tutti i rifugiati dalla violenza e dall’insicurezza”. “I bisogni dei rifugiati Rohingya sono urgenti oggi come sette anni fa”, denuncia Sengupta, secondo cui “è tempo di dare a oltre mezzo milione di bambini nei campi la promessa di una vita migliore e la speranza per il loro futuro”.
Save the Children esorta il Bangladesh, i governi asiatici e la comunità internazionale a sostenere i rifugiati Rohingya. Maggiori aiuti, tutele legali, istruzione e opportunità di lavoro sono essenziali per garantire loro una vita dignitosa e piena di speranza.

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