Una persecuzione asfissiante, continua, senza tregua. Se si poteva pensare che, dopo la “deportazione” della spina nel fianco del regime, il vescovo Rolando Álvarez, il presidente Daniel Ortega e la vicepresidente “consorte” Rosario Murillo allentassero la presa nei confronti della Chiesa cattolica del Nicaragua, i fatti dicono che ciò non è avvenuto e, in particolare, aumenta il numero di sacerdoti e religiosi che non vivono più nel loro Paese, perché esiliati a forza oppure per loro libera scelta. Si tratta di 245 persone, tra vescovi, sacerdoti, diaconi, seminaristi e religiose.
A confermarlo, i numeri raccolti nella nuova edizione, la quinta, del rapporto “Nicaragua Chiesa perseguitata”, presentata lo scorso 15 agosto dall’avvocata e attivista Martha Patricia Molina, che dagli Stati Uniti, dove vive in esilio, mantiene una stretta e riservata rete di comunicazione con il Paese d’origine. Il rapporto enumera ben 870 attacchi alla Chiesa cattolica nicaraguense, nelle sue diverse espressioni, tra aprile 2018, quando iniziarono le manifestazioni popolari contro il Governo di Ortega, poi duramente represse, all’inizio di luglio 2024. Si tratta di fatti elencati a uno a uno e verificati dall’autrice, suddivisi per diverse categorie. 313 sono gli impedimenti e le minacce a sacerdoti e religiosi, compresi gli arresti, i processi e le deportazioni; 219 gli attacchi, gli “assedi”, i divieti che hanno avuto per oggetto chiese e strutture religiose; 95 i furti e le profanazioni; 91 gli episodi di minaccia e repressione contro fedeli laici; 86 le scritte e i messaggi di odio; 47 le chiusure di mass media o di progetti e opere di carità, con ben 14 Congregazioni religiose che hanno dovuto cessare le proprie attività nel Paese; 19 le confische riguardanti proprietà legate alla Chiesa. Senza contare le 9.688 processioni in spazi pubblici proibite dalla polizia, per esempio durante la Settimana Santa. A volte, i riti si sono svolti all’interno delle chiese, molte altre volte sono stati cancellati. L’autrice fa presente che, dato il clima di terrore che aleggia nel Paese, sicuramente ci sono stati ulteriori episodi che non sono stati denunciati e segnalati.
Nel 2024 già 92 atti di ostilità in poco più di sei mesi.
L’anno con il maggior numero di attacchi alla Chiesa è stato il 2023, con 307 attacchi, seguito dal 2022, con 171, e dal 2018, con 92. Nei primi sei mesi, e poco più, del 2024, gli attacchi sono stati già 92, considerando che nei numeri non è inclusa l’escalation impressionante delle ultime settimane. Fa notare Molina: “La cifra relativa al 2024 è approssimativa, perché ci sono state aggressioni che, per la loro natura (rapine, profanazioni, minacce di morte, spintoni, tra le altre), non sono state denunciate dai sacerdoti, perché la Chiesa in Nicaragua vive attualmente in un silenzio imposto nella speranza che la dittatura sandinista cessi completamente la persecuzione o cambi il suo atteggiamento aggressivo. Tuttavia, le prove dimostrano che, anche se si evita di denunciare le violazioni dei diritti di libertà religiosa, gli attacchi continuano a essere commessi”.
Il rapporto suddivide gli episodi di ostilità anche a livello territoriale, registrando che 294 sono avvenuti nel territorio dell’arcidiocesi di Managua e 162 nella diocesi di Matagalpa, guidata da mons. Alvarez. 162 riguardano la Chiesa nicaraguense nel suo complesso, 72 la diocesi di Estelí, 67 quella di Granada e 56 quella di León. Tra le già citate 245 persone religiose esiliate, oltre al nunzio apostolico, ci sono 3 vescovi nicaraguensi, 136 sacerdoti, 3 diaconi, 11 seminaristi e 91 religiose. Negli ultimi due anni si è assistito a un crescendo di religiosi espulsi, esiliati o deportati; erano poche unità fino al 2021, sono stati 24 nel 2022, 64 nel 2023 e nel 2024 si è già arrivati a 50.
A Matagalpa “resistono” 13 sacerdoti, erano 71. Durante l’incontro di presentazione, non è mancata un’appendice che si prolunga all’attualità, dato che il mese di agosto 2024 ha conosciuto un nuovo crescendo di persecuzioni. Tra il 26 luglio e il 2 agosto sono stati “sequestrati” 12 sacerdoti; il 7 agosto 7 sacerdoti sono stati esiliati in Vaticano; tra il 10 e l’11 agosto 2 sacerdoti sono stati detenuti arbitrariamente; 13 cattolici laici sono stati sequestrati e incarcerati. Il 12 agosto il ministero dell’Interno ha annullato lo status giuridico dell’Associazione Caritas diocesana di Matagalpa e di altre 6 organizzazioni religiose di confessione evangelica. Molina manifesta una particolare preoccupazione per la diocesi di Matagalpa, il cui vescovo, ufficialmente, è ancora mons. Álvarez. Una vera e propria “ossessione”, per il regime di Ortega, se si pensa che “il clero di Matagalpa era composto, prima dell’inizio della persecuzione, da 71 sacerdoti diocesani e religiosi. Attualmente, 13 sacerdoti sono presenti a Matagalpa, gli altri sono stati esiliati e sono affiancati da 9 religiosi per assistere 615.685 fedeli battezzati, distribuiti su 6.804 chilometri quadrati”. Dichiarazioni rilasciate da Molina prima di un ulteriore arresto, avvenuto sempre il 15 agosto, del giovane padre Danny García, sempre di Matagalpa. “Alcuni vescovi stanno pensando di inviare in missione dei sacerdoti nella diocesi di Matagalpa, ma gli interessati hanno paura di accettare tale servizio, perché sono nel mirino della polizia e della dittatura di Ortega Murillo e potrebbero essere arrestati solo per aver sostenuto questa diocesi”, ha aggiunto Molina durante l’incontro di presentazione.
Nuovi sacerdoti a Managua e a León. Sempre più, quella nicaraguense appare come una Chiesa del silenzio, nonostante gli appelli internazionali, come quello, ultimo in ordine di tempo, della Commissione interamericana per i diritti umani. La ricercatrice mantiene anche un atteggiamento critico e di sofferenza verso il silenzio “scelto” da vaste parti della gerarchia ecclesiale del Paese. La denuncia audace e il silenzio per evitare “mali maggiori” sono, del resto, le due opzioni alternative rispetto alle quali una Chiesa perseguitata si trova inevitabilmente a scegliere, come si è visto storicamente anche in altri contesti. Ed è sempre una scelta lacerante. Piccoli segni di speranza, arrivano dall’arcidiocesi di Managua e dalla diocesi di León. L’arcivescovo di Managua, il card. Leopoldo Brenes, ha ordinato venerdì 16 agosto 16 nuovi sacerdoti, che hanno frequentato i seminari La Purísima e Redentoris Mater “Nuestra Señora de Guadalupe”, quest’ultimo corrispondente al Cammino neocatecumenale. Il giorno prima, giovedì 15 agosto, il vescovo di León, mons. Sócrate René Sándigo Jirón, ha ordinato otto nuovi sacerdoti.
*giornalista de “La vita del popolo”