Papa Francesco: “la potenza spirituale della letteratura richiama il compito primario affidato da Dio all’uomo di ‘nominare’ gli esseri e le cose”

“Confido di aver evidenziato, in queste brevi riflessioni, il ruolo che la letteratura può svolgere nell’educare il cuore e la mente del pastore o del futuro pastore in direzione di un esercizio libero e umile della propria razionalità, di un riconoscimento fecondo del pluralismo dei linguaggi umani, di un ampliamento della propria sensibilità umana, e infine di una grande apertura spirituale per ascoltare la Voce attraverso tante voci”. Lo ha scritto Papa Francesco nella “Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione”, datata 17 luglio e resa nota ieri.
In questo senso “la letteratura aiuta il lettore ad infrangere gli idoli dei linguaggi autoreferenziali, falsamente autosufficienti, staticamente convenzionali, che a volte rischiano di inquinare anche il nostro discorso ecclesiale, imprigionando la libertà della Parola. Quella letteraria è una parola che mette in moto il linguaggio, lo libera e lo purifica: lo apre, infine, alle proprie ulteriori possibilità espressive ed esplorative, lo rende ospitale per la Parola che prende casa nella parola umana, non quando essa si auto comprende come sapere già pieno, definitivo e compiuto, ma quando essa si fa vigilia di ascolto e attesa di Colui che viene per fare nuove tutte le cose (cfr.Ap21, 5)”.
Il Pontefice ha sottolineato: “La potenza spirituale della letteratura richiama, da ultimo, il compito primario affidato da Dio all’uomo: il compito di ‘nominare’ gli esseri e le cose (cfr.Gn2, 19-20). La missione di custode del creato, assegnata da Dio ad Adamo, passa innanzitutto proprio dalla riconoscenza della realtà propria e del senso che ha l’esistenza degli altri esseri. Il sacerdote è anche investito di questo compito originario di ‘nominare’, di dare senso, di farsi strumento di comunione tra il creato e la Parola fatta carne e della sua potenza di illuminazione di ogni aspetto della condizione umana”.
Secondo il Santo Padre, “l’affinità tra sacerdote e poeta si manifesta così in questa misteriosa e indissolubile unione sacramentale tra Parola divina e parola umana, dando vita ad un ministero che diviene servizio pieno di ascolto e di compassione, ad un carisma che si fa responsabilità, ad una visione del vero e del bene che si schiude come bellezza”. “Non possiamo fare a meno di ascoltare le parole che ci ha lasciato il poeta Paul Celan: ‘Chi impara realmente a vedere, si avvicina all’invisibile'”, ha concluso Francesco.

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