Siccità. Ferreri (Coldiretti Sicilia): “Situazione grave ma l’acqua non manca. Servono progetti intelligenti per utilizzarla meglio”

Prima sono mancati i foraggi per il comparto zootecnico, ora le api non producono miele per la scarsa fioritura di agrumi e sulla. L'agricoltura e l'allevamento è in allarme in Sicilia per la grave situazione causata dalla siccità. Secondo Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia, bisogna risolvere i deficit infrastrutturali come gli invasi mai collaudati (20 su 46) o con gravi carenze di manutenzione. Tra le sue proposte “avere migliori infrastrutture, che permettano di mandare avanti le aziende agricole”, e fare un “piano invasi” per superare le inefficienze, con un sistema di interconnessioni tra le dighe

(Foto ANSA/SIR)

“La siccità in Sicilia è molto grave e vanno prese delle soluzioni in tempi veloci. È arrivato il momento che si parli di queste problematiche in maniera costruttiva. L’acqua qui non manca, ma bisogna utilizzarla al meglio”, risolvendo i deficit infrastrutturali come gli invasi mai collaudati (20 su 46) o con gravi carenze di manutenzione. Ne è convinto Francesco Ferreri, presidente di Coldiretti Sicilia, che ne vive in prima persona gli effetti nella sua azienda vinicola nel ragusano. Coldiretti ha anche lanciato l’allarme sul rischio che il caldo incida sulla produzione di miele, con gli alveari alla fame per la scarsità di fioriture e gli apicoltori costretti alle nutrizioni di soccorso per salvare le famiglie di api. In Sicilia il raccolto di miele di agrumi è stato praticamente nullo, così come quello di sulla. Le “zone rosse” più in sofferenza – ossia con riduzioni anche del 70-80% di piovosità – sono nell’ennese, nell’agrigentino, nella zona di Caltanissetta, nelle provincie di Catania e Ragusa, nel palermitano e trapanese.  Tra le proposte di Ferreri “avere migliori infrastrutture, che permettano di mandare avanti le aziende agricole”, e fare un “piano invasi” per superare le inefficienze, con un sistema di interconnessioni tra le dighe.

Com’è la situazione e quali conseguenze state vivendo a livello agricolo e alimentare?

Non piove ormai da più di un anno, ovviamente è una situazione che muta. La siccità purtroppo è uno di quei fenomeni che si arresta solamente nel momento in cui comincia a piovere. Tutto questo si associa ad un problema infrastrutturale che riguarda la Sicilia e che denunciamo da tanto tempo. Va ricordato che

più dell’86% della superficie è collina e montagna, quindi per la sua composizione orografica e per essere un’isola al centro del Mediterraneo, anche se non piove ha comunque delle risorse.

Purtroppo non tutte sono utilizzate o non utilizzabili, perché non collaudate. Altre parti non sono manutenute e ovviamente quando ci sono fenomeni di siccità c’è un accumulo di deficit infrastrutturali.

La prima emergenza è stata la mancanza di foraggi nel comparto zootecnico. Cosa si sta facendo?

La regione è intervenuta con un bando e nei prossimi giorni verranno fatte delle consegne. Poi c’è l’aiuto che ha dato Coldiretti alle aziende che non avevano foraggi. Al di là della perdita economica stiamo cercando di tamponare una situazione grave, rischiando di perdere il patrimonio genetico zootecnico siciliano, riconosciuto in tutta Italia fra i migliori.

E negli altri comparti?

Abbiamo riscontrato problemi non da poco nel comparto cerealicolo, con perdite molto grandi. Ora monitoriamo le situazioni che riguardano il comparto vinicolo, le api e la produzione di miele, l’orticoltura, gli agrumi.

Come si stanno attrezzando gli agricoltori?

In teoria dal punto di vista idrico le risorse le avremo. Si sta cercando, per quanto possibile, di ottimizzarle. Ossia cercare di utilizzare l’acqua nel miglior modo possibile per tamponare determinate situazioni. Non siamo ancora in grado di quantificare i danni. Certo, se a ottobre non dovesse piovere, nel comparto cerealicolo non potremo neanche seminare per l’anno successivo. E una situazione in evoluzione per cui va monitorata molto bene. Per cercare di salvare il patrimonio di biodiversità dell’isola e preservare il patrimonio economico e sociale del comparto agroalimentare dell’isola.

È veramente una siccità peggiore rispetto al passato?

Le temperature sono sicuramente sostenute ma non record come quelle dell’anno scorso, quando toccammo i 49 gradi. Non va dimenticato che comunque abbiamo delle buone escursioni termiche, cosa che mi fa sperare che dal punto di vista qualitativo quello che raccoglieremo sarà di buona qualità.  Ovviamente poi entrano in gioco fattori economici perché se producevo 100 su un ettaro di terreno e spendevo 100 oggi se produco 60 spendo comunque 100 e quindi rischio di avere un incremento dei costi rispetto alla produzione. Sicuramente negli anni si sono registrati periodi di siccità in Sicilia, ricordo che nel 2002 ci fu una siccità molto severa ma forse non a questo livello. Da agricoltore posso dire che ho sempre un socio al 50%, che è il Padre eterno. Ogni tanto me la manda buona, ogni tanto un po’ meno buona.

Che consigli si sente di dare?

Sicuramente possiamo agire per avere infrastrutture che permettano di mandare avanti le aziende agricole. Oggi l’agricoltura in questo ambito ha fatto passi da gigante, lavorando per ridurre il più possibile lo spreco di acqua, con sistemi all’avanguardia che permettono di dare l’acqua alle piante che ne hanno bisogno, con una quantità controllata. Le aziende agricole sono tutte molto attente alla sostenibilità ambientale. Il più grande ambientalista è sicuramente l’agricoltore, perché senza il territorio non può fare il proprio lavoro. Certo infrastrutture migliori aiuterebbero. E se piovesse male non farebbe.

Qual è la malagestione peggiore?

In Sicilia i consorzi di bonifica sono commissariati da quasi trent’anni.

Abbiamo 46 bacini e laghi, di cui una ventina mai collaudati che lavorano con un volume ridottissimo. Inoltre non ci sono state le manutenzioni e quindi sono pieni di detriti, per cui il volume acqua si è ridotto ancora di più.

Basterebbe la buona volontà di fare progetti intelligenti per utilizzare l’acqua al meglio. In Sicilia ci sono esperienze storiche che hanno risolto tantissimi problemi, come a Pantelleria dove hanno realizzato il giardino pantesco per recuperare l’umidità che si infilava nei muretti a secco. Sulla questione invasi cercare di utilizzare al meglio la poca acqua disponibile è una soluzione. Da anni denunciamo il fatto che in Sicilia non c’è un sistema ben strutturato di interconnessioni tra le dighe, una cosa fondamentale perché se si riesce a spostare acqua da un bacino all’altro si possono tamponare situazioni dove non c’è. Ci vogliono progetti lungimiranti. Spero che la nostra Assemblea regionale, che ha all’ordine del giorno la riforma dei consorzi di bonifica, possa portarla avanti affinché si crei un sistema più virtuoso.

Che ne pensa dell’ipotesi di costruire dei dissalatori?

Sono soluzioni, quindi vanno sempre bene. Ma invece di parlare soltanto di soluzioni futuristiche, forse sarebbe meglio capire, rispetto a quello che abbiamo, cosa è buono, cosa non è buono e cosa invece dobbiamo riprogettare da zero.  Progettiamo ad esempio altri invasi e facciamo un piano perché si possa mettere la Sicilia nelle condizioni di avere acqua. Per l’inefficienza di questi bacini, buona parte di quest’acqua la buttiamo a mare e questo per un agricoltore è inaccettabile.

I siciliani rischiano di soffrire la sete o avere l’acqua razionata come accaduto in passato?

Non penso, sicuramente ci sarà una gestione dell’acqua molto più oculata, visto l’andamento climatico. Spero che i turisti vengano in Sicilia a godersi il mare e queste meravigliose giornate di sole. Non voglio pensare a scenari apocalittici perché è solo terrorismo. Sicuramente la situazione è molto grave e vanno prese delle soluzioni in tempi veloci. È arrivato il momento che si parli di queste problematiche in maniera costruttiva.

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