Ecumenismo: Sfredda (Sae), “lavorare insieme alla salvaguardia di tutto il Creato”

(Foto Laura Caffagnini per il Sae)

“Le voci allarmate degli scienziati non vengano ascoltate, né prese sul serio, nel senso che producono dei risultati minimi, più vicini al green-washing, che a una reale volontà di inversione della rotta. Permane una grande difficoltà della nostra generazione e di quella che ci precede nell’assumersi in prima persona la responsabilità del cambiamento: non intendo demonizzare le innovazioni che la nostra epoca ha portato, ma credo che dovremmo tutti e tutte diventare più consapevoli del peso delle nostre azioni quotidiane, delle nostre piccole, apparentemente insignificanti, azioni quotidiane”. Lo ha detto, oggi, la presidente del Sae, la valdese Erica Sfredda, soffermandosi sulla questione del cambiamento climatico, nel discorso inaugurale sul tema della 60ª sessione di formazione ecumenica del Sae-Segretariato attività ecumeniche “Una terra da abitare e da custodire”. La presidente ha continuato rilevando: “L’umanità, che è spesso autodistruttiva, è anche capace di trovare inimmaginabili soluzioni ed esprimere una enorme creatività: in prima linea devono essere le industrie e i grandi della Terra, ma anche noi possiamo, e dunque dobbiamo, lavorare perché uomini e donne non siano ridotti ad essere consumatori compulsivi ed alienati e diventino abitanti della Terra attenti e consapevoli”. Questo tema riguarda anche il Sae non solo in quanto “uomini e donne che hanno una più o meno lunga speranza di vita davanti a sé e che sono genitori e zii e nonni di persone ancora molto giovani, ma in quanto umanità che ha fede nel Dio Creatore. Esseri viventi che sono al mondo per volontà del Signore e questo comporta una responsabilità: una enorme responsabilità. Amiamo perché Dio ci ha amati per primi e siamo vivi perché Dio ci ha dato la vita”, ha affermato.
Alla radice del problema, secondo Sfredda, c’è la cultura antropocentrica che pone l’essere umano al proprio centro e usa la tecnica per sottomettere la natura. Come sostengono le teologhe eco-femministe “la maggior parte delle relazioni tra umani e tra umani e il Creato si fondano sul paradigma del dominio andando a creare una gerarchia in cui al vertice della piramide c’è l’uomo maschio eterosessuale bianco” che sottomette le donne e le persone ai margini della società, gli animali, le piante e tutto il Creato. Questa lettura della situazione, che ha citato anche i contributi del Consiglio ecumenico delle Chiese attraverso il processo conciliare Giustizia, pace e salvaguardia del creato e l’impegno del patriarca ecumenico Bartolomeo, è una delle letture della crisi antropologica che si affacceranno alla sessione per un confronto e per avviare proposte di cambi di rotta.
“Forse è arrivato il momento di cambiare la nostra prospettiva, di rimboccarci le maniche e di lavorare insieme alla salvaguardia di tutto il Creato, anche del Sud del mondo, troppo spesso ridotto a fornitore di materie prime e discarica dei prodotti nocivi realizzati dai Paesi ricchi, tutto il Creato, anche gli animali, costretti a intrattenerci nei nostri salotti, o a produrre carne e cibo per le nostre tavole, tutto il Creato, anche le piante, le rocce, i monti, i fiumi, i laghi”, ha concluso Sfredda.

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