“Ringraziamo il Signore Dio che siete vivi. Siete insieme a noi qui oggi e siete un segno di speranza per migliaia di ucraini. E permettetemi di esprimervi la mia gratitudine a nome della vostra Madre Chiesa e di fare un gesto simbolico: baciarvi la mano”. Lo ha detto Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, prendendo per mano i due padri redentoristi Ivan Levytskyi e Bohdan Heleta, recentemente liberati dalla prigionia, al termine della Divina Liturgia che si è celebrata ieri, domenica 14 luglio, a Zarvanytsia. Dal grande altare del santuario, per la prima volta i due religiosi redentoristi sono apparsi al pubblico dopo essere stati liberati dalla prigionia russa il 28 giugno scorso, nell’ambito del 53° scambio di prigionieri. Questo scambio è avvenuto attraverso la mediazione della Santa Sede. I sacerdoti hanno trascorso più di un anno e mezzo in cattività. Erano stati arrestati a Berdyansk occupata il 16 novembre 2022. Per molto tempo non ci sono state informazioni su di loro.
“Per quanto tempo la nostra Chiesa ha pregato per la liberazione dei nostri padri di Berdyansk! Ed eccoli qui oggi con noi!”, ha affermato Sua Beatitudine Sviatoslav prendendoli per mano. Secondo le autorità ucraini, a gennaio 2024 sono più di 7mila i prigionieri detenuti nelle carceri russe, tra cui civili. Sono invece decine di migliaia le persone “scomparse” di cui purtroppo non si ha alcuna informazione. Facendo riferimento a questi dati, Shevchuk ha detto: “con la presenza dei sacerdoti dell’Ugcc liberati dalla prigionia russa, il Signore Dio invia un segno di speranza. Fino a poco tempo fa, queste mani erano incatenate. Oggi sono libere. Allo stesso modo, cadranno le catene che il nostro nemico ci sta ponendo oggi”. Il Patriarca ha espresso rispetto e gratitudine ai padri Bohdan e Ivan a nome di tutta la Chiesa, sottolineando che essi sono “un segno di speranza per molti ucraini”.
In un’intervista rilasciata al Sir, mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, parlando dei due sacerdoti liberati e al lavoro diplomatico della Santa Sede sui prigionieri di guerra, ha detto: “Io continuo a pregare per loro, perché se voi vedeste che ferite portano nel loro corpo, potreste comprendere davvero in quali condizioni hanno vissuto durante la prigionia. Il nostro pensiero va ed è sempre andato alle migliaia di civili che si trovano ancora in prigione. Nessuno di loro dovrebbe stare in queste condizioni. Veramente di lavoro ce n’è tanto”.