Francia. Pericolo scampato?

La democrazia francese, per quanto sconquassata dalle vicende di questi ultimi anni e mesi, si è rivelata comunque ancora vivace: ci riferiamo qui non tanto alle scelte dell’una o dell’altra parte, ma alla straordinaria partecipazione alle urne anche nel secondo turno. Una lezione che vale per tanti, anche per noi, tiepidi elettori italiani. Mentre risuonava alla Settimana sociale di Trieste l’appello alla partecipazione democratica come essenziale per la vita dei popoli, oltralpe l’hanno messa in pratica per davvero.

L’attesa ha sortito la sorpresa. Domenica sera alle 20 già s’era capito tutto: la diga antilepenista formata dalle desistenze reciproche dei candidati di Ensemble e Nouveau Front Populaire aveva funzionato. Anche troppo, si direbbe, lasciando nella più cupa delusione Bardella & C. che hanno gridato “vergogna!” contro un’operazione invece del tutto democratica, prevista dalla legge elettorale francese. Primo è giunto il NFP con 184 seggi (ma al suo interno primo, con ben 78 eletti, è l’estremista di sinistra Mélenchon, che ora nessuno vuole); seconda la coalizione E! (Ensemble) con 166 parlamentari (e al suo interno Renaissance di Macron con l’ormai insperata quota di 99 seggi); addirittura terzo invece il Rassemblement national di Le Pen con soli 125 seggi, praticamente la metà di quelli pronosticati, e ben molti meno dei 289 necessari per la agognata (o temuta) maggioranza assoluta; seguono i Républicains, orfani del leader prolepenista Ciotti, con 39. Lo stop al RN ha evitato alla Francia uno spostamento a destra che avrebbe provocato come minimo una coabitazione pressoché impossibile col presidente fino al 2027 e che sarebbe risultata deleteria per tanti sotto molti punti di vista. E’ andata bene anche per l’Europa, che ha visto bloccato un partito decisamente antieuropeista, per quanto avesse leggermene sfumato alcuni dei suoi toni più accesi. Questo, evidentemente, è un punto di vista. Perché, “democraticamente”, non va trascurata, né demonizzata, la prospettiva opposta, quella cioè di Marine Le Pen e Jordan Bardella (pare già in crisi tra loro…), come quella del nostro Salvini, o di Orbàn & C. che, a loro volta, hanno pensato bene di serrare le file costituendo ormai definitivamente e con successo il raggruppamento “Patrioti per l’Europa” con il consistente contributo dei 30 parlamentari europei del RN francese, raggiungendo la bella cifra di 84 seggi, superando persino i Conservatori di Meloni; la quale, peraltro, potrà trarre spunto per caratterizzare ulteriormente la sua “destra”, sfrondandola di residui frenanti (ma affrontando il piglio estremista di Salvini, che ha piazzato tra i Patrioti come vice il suo prediletto Vannacci).
La democrazia francese, per quanto sconquassata dalle vicende di questi ultimi anni e mesi, si è rivelata comunque ancora vivace: ci riferiamo qui non tanto alle scelte dell’una o dell’altra parte, ma alla straordinaria partecipazione alle urne anche nel secondo turno. Una lezione che vale per tanti, anche per noi, tiepidi elettori italiani. Mentre risuonava alla Settimana sociale di Trieste l’appello alla partecipazione democratica come essenziale per la vita dei popoli, oltralpe l’hanno messa in pratica per davvero. Ancora più stonato perciò l’endorsement del ministro degli esteri russo Lavrov che, dall’alto della sua integerrima “democratura”, ha bollato lo sbarramento degli avversari del RN come “manipolazione della volontà popolare”. Si direbbe anche – come subito si sono affrettati a proclamare i protagonisti del nostro “campo largo” – che si è trattato pure di una forte tenuta, se non di un trionfo, della sinistra, bacata però da divisioni interne subito riemerse (dev’essere il loro peccato originale, non solo in Francia).
Ora tuttavia si pone, a Parigi, la questione di un governo accettabile ed efficiente in un’Assemblea nazionale divisa in tre, senza nessuna maggioranza. Anche i nostri cugini dovranno adattarsi ai nostri escamotage dei “governi tecnici”? O si ispireranno invece alla “grandi coalizioni” dei concorrenti-alleati tedeschi? E anche per l’Europa il futuro non sembra così roseo, dopo le fughe in avanti (o indietro) del presidente di turno ungherese e il compattarsi di truppe sostanzialmente antieuropeiste e filoputiniane…

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