Costruire una nazione unita, riconciliata e pacifica, “superando la logica dell’individualismo e la ricerca egoistica di beni privati”. È l’esortazione dei vescovi colombiani, nel messaggio diffuso a conclusione della propria assemblea plenaria. Nella nota si legge che la Colombia non può abituarsi alla violenza, all’indebolimento dell’istituzione della famiglia e del lavoro educativo, né “alla polarizzazione politica e ideologica che getta il Paese nell’incertezza”. I vescovi ribadiscono inoltre la loro disponibilità a contribuire al rafforzamento del dialogo di pace tra i diversi attori, nonché il loro impegno nella ricerca di percorsi che portino allo sviluppo integrale. “Se è vero che siamo in una società pluralista, è anche necessario considerare che la difesa estrema di posizioni che non accettano il confronto, estranee a un progetto comune per il Paese, non aiuta a raggiungere la pace”, si legge nella nota a proposito del clima di polarizzazione che si vive. Dopo aver discusso la realtà sociale del Paese, i vescovi hanno espresso la loro preoccupazione per l’intensificarsi della corruzione, del traffico di droga e della violenza in varie regioni, tra cui il sud-ovest, che minaccia la vita, l’uguaglianza e la giustizia. Inoltre, denunciano l’esposizione dei bambini e dei giovani al pericolo di “crescere senza guida morale, tristi e senza speranza”. A partire da queste preoccupazioni, ispirandosi alla Lettera di San Paolo ai Romani, fanno appello ai colombiani per la speranza di un rinnovamento, “affinché siano in grado di distinguere ciò che è la volontà di Dio: ciò che è buono, ciò che è gradito, ciò che è perfetto” (12, 1-2). Di fronte alla violenza e alla corruzione, “ciò che è buono, ciò che è gradito e ciò che è perfetto” consiste nel “riconoscere l’infinita dignità di ogni persona e la cura che le è dovuta; nel proteggere le istituzioni legalmente costituite che sono la base della nostra democrazia; nel garantire il rispetto della nostra casa comune, così ricca di beni materiali, ambientali e culturali e di conoscenze ancestrali”.