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Papa Francesco: “porre limiti etici allo sviluppo dell’intelligenza artificiale”

Il Pontefice, nel messaggio per la Giornata mondiale del creato, esorta a una "conversione degli stili di vita, per resistere al degrado umano dell'ambiente".  "La speranza cristiana non delude, ma anche non illude"

(Foto Calvarese/SIR)

Sperare e agire con il creato significa “unire le forze e, camminando insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, contribuire a ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti”. Lo spiega Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale del creato, che si celebra il 1° settembre sul tema: “Spera e agisci con il creato”.  “Il nostro potere è aumentato freneticamente in pochi decenni”, l’analisi del Papa: “Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza”.

“Un potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro noi stessi”, il grido d’allarme di Francesco: “Perciò oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa servizio della pace e dello sviluppo integrale”.

“La speranza è la possibilità di rimanere saldi in mezzo alle avversità, di non scoraggiarsi nel tempo delle tribolazioni o davanti alla barbarie umana, ricorda il Papa:

“La speranza cristiana non delude, ma anche non illude.

Se il gemito della creazione, dei cristiani e dello Spirito è anticipazione e attesa della salvezza già in azione, ora siamo immersi in tante sofferenze che San Paolo descrive come tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo, spada”. In questa prospettiva, “la speranza è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane: non illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile. Questa speranza è l’attesa paziente, come il non-vedere di Abramo”. A questo proposito, Bergoglio cita “quel grande visionario credente che fu Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese ‘di spirito profetico dotato’, secondo Dante Alighieri, il quale “in un tempo di lotte sanguinose, di conflitti tra Papato e Impero, di Crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa, seppe indicare l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità universale e alla pace cristiana, frutto di Vangelo vissuto”. “Questo spirito di amicizia sociale e di fratellanza universale ho proposto in Fratelli tutti”, rimarca Francesco, secondo il quale “questa armonia tra umani deve estendersi anche al creato, in un antropocentrismo situato, nella responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”.

“Perché tanto male nel mondo? Perché tanta ingiustizia, tante guerre fratricide che fanno morire i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo, la madre terra, violentata e devastata?”,

si chiede il Papa, sottolineando, sulla scorta di San Paolo, che “la lotta morale dei cristiani è connessa al gemito della creazione”: “Tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano impazientemente, perché possa essere superata la condizione presente e ristabilita quella originaria: infatti la liberazione dell’uomo comporta anche quella di tutte le altre creature che, solidali con la condizione umana, sono state poste sotto il giogo della schiavitù”. “Come l’umanità, il creato – senza sua colpa – è schiavo, e si ritrova incapace di fare ciò per cui è progettato, cioè di avere un significato e uno scopo duraturi; è soggetto alla dissoluzione e alla morte, aggravate dagli abusi umani sulla natura”, il monito di Francesco: serve una

“conversione negli stili di vita, per resistere al degrado umano dell’ambiente

e manifestare quella critica sociale che è anzitutto testimonianza della possibilità di cambiare”. “Questa conversione consiste nel passare dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare –, all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato”. “Un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso”, il monito sulla scorta della Laudate Deum, “perché il peccato di Adamo ha distrutto le relazioni fondamentali di cui l’uomo vive: quella con Dio, con sé stesso e gli altri esseri umani e quella con il cosmo. Tutte queste relazioni devono essere, sinergicamente, ristabilite, salvate, rese giuste. Nessuna può mancare. Se ne manca una, tutto fallisce”.

 “La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio”. Per questo “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria”,

tuona il Papa. “È l’uomo prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico che con arroganza mette la terra in una condizione ‘dis-graziata’, cioè priva della grazia di Dio”, prosegue Francesco, che cita Benedetto XVI:  “Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore, l’amore di Dio in Cristo, da cui niente e nessuno potrà mai separarci”.

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