Un’Italia spaccata in due sulle performance sociosanitarie delle regioni: al Nord e al Centro si registrano gli indici più alti, al Sud i peggiori, ma con alcune distinzioni. Lo sostiene il Crea Sanità (Centro per la ricerca economica applicata in sanità) nel Rapporto 2024 “Opportunità di tutela della salute: le performance regionali”, aggiornato agli ultimi dati disponibili per ogni regione, realizzato dai 104 esperti riuniti dal Crea in cinque gruppi: utenti, istituzioni, professionisti sanitari, management di aziende sanitarie e industria medicale, e presentato il 20 giugno a Roma.
Mappa delle performance. Nel dettaglio, quattro regioni del Centro-Nord – Veneto, Piemonte, PA Bolzano e Toscana (oltre 13,3 milioni di abitanti) – raggiungono i livelli migliori con un indice di performance superiore al 50% del massimo ottenibile (rispettivamente 60%, 55%, 54% e 53%); sette regioni – Friuli Venezia Giulia, PA Trento, Emilia-Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Lombardia (19,3 milioni di abitanti) – si attestano fra il 45 e il 50%. “Rimandate” invece, con livelli fra il 37 e il 44%, Sardegna, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo e Puglia (circa 18,9 milioni di abitanti). Fortemente insufficienti, con livelli di performance inferiori al 35%, quattro regioni del Sud – Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria (circa 7,5 milioni di abitanti). La misurazione delle performance regionali in sanità non si limita alla valutazione degli aspetti sanitari ed economici, ma analizza anche quelli sociali e di equità dell’assistenza ed è stata condotta in base a 20 indicatori (con dati e numeri raccolti dalle principali banche dati sanitarie) divisi per cinque aree: equità, appropriatezza, esiti, innovazione, economico-finanziaria e sociale.
Sud alla rincorsa. Anche se il Sud è ancora indietro in termini di livello di performance sanitarie regionali,
è proprio il Sud a registrare i maggiori miglioramenti negli ultimi cinque anni,
rivela ancora il report che quest’anno offre una novità: la dinamica nel medio periodo delle opportunità di tutela della salute nelle regioni. Negli ultimi cinque anni “si è registrato un miglioramento del 46% della performance, che ha interessato tutte le ripartizioni geografiche e, in maggior misura le Regioni del Mezzogiorno (+75,9% in media), poi quelle del Nord-Est (+44,9%), quelle del Nord-Ovest (+40,9%) e infine del Centro (+37,4%)”, si legge nel Rapporto. Per il Crea, “anche se il Sud è ancora indietro in termini di livello di performance e i suoi indici”, pur “in forte miglioramento rispetto alle altre aree geografiche, sono ancora bassi”, tra Mezzogiorno e Settentrione si stanno riducendo le distanze in termini di opportunità di tutela della salute. Questo anche perché, nonostante vi siano i margini di azione per raggiungere il 100% del valore dell’indice di performance, “non sembra – spiega il Rapporto – che le regioni con performance migliori riescano a registrare significativi passi avanti”, probabilmente per
“l’esistenza di limiti strutturali nell’attuale assetto del sistema sanitario”.
Monitorare l’autonomia differenziata. La mattina del 20 giugno, all’indomani dell’approvazione in via definitiva del disegno di legge sull’autonomia differenziata, è stato presentato anche un meccanismo messo a punto dal Crea per monitorarne gli effetti sulla sanità, che darà i primi risultati non appena l’autonomia differenziata verrà concessa ad una o più Regioni. “Nella prima fase di implementazione – è stato spiegato – sono state calcolate e poi comparate, per il periodo 2017-2022, le dinamiche su dieci indicatori in gruppi di Regioni: il gruppo delle Province/Regioni autonome o a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige con Trento e Bolzano) verso le altre, quelle in piano di rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia) sempre verso le altre, e quello delle Regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata nel 2017 (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna), ancora una volta verso le altre. I risultati, aggregati in aree di miglioramento e peggioramento, sono stati sintetizzati per ogni gruppo di Regioni in un indice numerico: l’Indice sintetico ponderato (Isp), misura del rapporto tra le aree di peggioramento e di miglioramento nel periodo considerato. “Il valore 0 – spiega ancora il Crea – indica una complessiva compensazione fra i miglioramenti e i peggioramenti regionali, il valore 1 un miglioramento per tutte le Regioni del gruppo, il -1 un loro peggioramento”. Nel primo confronto, per le Province/Regioni autonome o a statuto speciale l’Isp è di 0,38 e 0,40 per le altre. Quindi, nel periodo 2017-2022, afferma il Crea, “la dinamica nelle Province/Regioni autonome o a statuto speciale è stata (leggermente) peggiore che nel gruppo delle altre”. Nel secondo confronto, le Regioni in piano di rientro registrano un Isp pari a 0,44, verso lo 0,37 delle altre, quindi, osserva il Crea, “sono andate meglio delle altre”. Infine, nel terzo confronto, le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata registrano un Isp pari a 0,36 verso lo 0,40 delle altre.