Popolazioni indigene e amazzoniche, “Madre terra”, “Estrattivismo e alternative”, “Resistenza delle donne” sono i quattro punti prioritari del messaggio finale con cui si è concluso, in Bolivia, il Forum panamazzonico (Fospa), articolato in ben 45 richieste ai Governi e agli Organismi internazionali.
Dopo tre giorni di dialogo sui problemi dell’Amazzonia e di costruzione di proposte di azione per affrontarli, sabato scorso, a Rurrenabaque, gli oltre 1.000 partecipanti al Fospa si sono riuniti per la lettura e l’approvazione in plenaria delle conclusioni del forum e per la cerimonia di chiusura. Il “Mandato dell’XI forum Sociale panamazzonico”, come viene chiamato il documento, è una sintesi delle conclusioni approvate nelle assemblee di ciascun asse tematico tenutesi nel pomeriggio del 14 giugno.
“Chiediamo che gli Stati dichiarino l’Amazzonia e le zone andine e marino-costiere come zone libere da combustibili fossili ed estrattivisti, seguendo l’esempio emblematico di Yasuní – si legge tra l’altro nel documento –, e procedano alla chiusura e allo smantellamento di queste infrastrutture e al risarcimento dei popoli e della natura colpiti. Chiediamo il rafforzamento delle norme ambientali per la regolamentazione delle attività di transizione energetica”. La Chiesa, attraverso la Conferenza episcopale boliviana e la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) ha accompagnato i lavori, con una forte presenza. “Questi giorni non rimangano solo parole, che con la forza di tutti noi torniamo alle nostre case con l’impegno di combattere”, ha detto mons. René Leigue, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra e presidente di Repam Bolivia, esprimendo l’auspicio che gli incontri del Forum sociale pan-amazzonico sfocino in azioni concrete sotto forma di proposte, obiettivi e impegni.