“La chiusura del Silos è stata da tutti auspicata: chi lo ha visto sa di un ambiente indegno, sporco, foriero di infezioni e malattie, un pericolo per i migranti e per l’intera città. Non è degno per chi per mesi vi stazionava in attesa di essere alloggiato in una struttura per richiedenti asilo come previsto dalla Legge; non è degno per una città bella come Trieste, con la sua storia di tante ferite a cui non bisogna aggiungerne altre”. Lo afferma il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, in un comunicato sulla chiusura del Silos, l’edificio abbandonato a pochi passi dalla stazione centrale nel quale hanno trovato rifugio i migranti provenienti dalla rotta balcanica.
“I trasferimenti in strutture di altre città e Regioni – osserva il presule – sono sempre stati fatti ma in modo insufficiente: e per questo diversi giovani erano costretti ad attendere lungamente al Silos. Le diverse organizzazioni di accoglienza hanno sempre dichiarato che serviva migliorare il meccanismo di trasferimenti (che però sappiamo dipendono da Roma e non da Trieste)”. “Ora – prosegue il vescovo – auspico che in modo strutturale siano fatti, evitando che i richiedenti asilo si accampino in altre strutture fatiscenti della città. I nostri dormitori sono pieni”. “Io – precisa mons. Trevisi – non ho l’ambizione di avere la soluzione facile per i problemi complicati. Dico che sono contento che i giovani che sono nel Silos siano trasferiti in strutture di accoglienza dove – come prevede la Legge italiana – potranno avere un letto, servizi igienici e una prima (sebbene talvolta insufficiente) accoglienza in attesa che siano valutate le posizioni di ciascuno”. “Altra questione – aggiunge – è se le Leggi del riconoscimento dello status di profugo, di rifugiato e di protezione umanitaria siano adeguate o meno. Ma questo, lo ripeto, è un altro problema che spesso porta a giudizi assai divergenti. E a una politicizzazione estrema. Anche a paure e diffidenze e buonismi ingenui che annebbiano la ragione”. Il vescovo di dice “contento che ci sia un sistema di trasferimenti in strutture adeguate all’accoglienza per i richiedenti asilo. Spero che il meccanismo funzioni: altrimenti – ammonisce – è vero che chiudiamo il Silos ma troveremo questi giovani accampati in altri angoli della città”. “Per i transitanti – ricorda mons. Trevisi – come diocesi di Trieste abbiamo aperto un dormitorio notturno in via S. Anastasio, non solo per l’emergenza freddo come inizialmente ipotizzato: anche ora rimane aperto ed è sempre pieno. Grazie a tutti i magnifici volontari che si sono fatti avanti e che nel silenzio, ogni sera, ogni notte si prestano. Grazie se altri vogliono unirsi. Tutte le spese (di operatori, utenze, sanificazione, alimentari…) sono a carico della Caritas: grazie se qualcuno vorrà sostenere la Caritas per questo servizio di accoglienza che quasi ogni sera vede coinvolte famiglie con bambini piccoli. Che altrimenti dormirebbero in strada. Magari sotto l’acqua”. “La struttura di Campo Sacro – rileva il vescovo – non è ancora pronta: auspico che lo sia al più presto. Le autorità si sono impegnate in questo. Non spetta a me dire quale struttura vada adibita all’accoglienza: ho le mie opinioni ma non è di mia competenza decidere se aprire Campo Sacro o via Gioia”. “Il trasferimento di questi giovani in strutture migliori – conclude mons. Trevisi – è l’inizio di un processo per il quale occorreranno altri passi importanti: l’adeguamento di altre strutture e i trasferimenti dei richiedenti asilo sono tappe imprescindibili. Occorrerà collaborare e vigilare perché siano fatte nel migliore dei modi. Ne va della dignità, dei migranti e anche nostra”.