Resta alta la tensione al confine tra Israele e Libano dove da mesi si susseguono bombardamenti tra l’esercito con la Stella di David e Hezbollah, alleato di Iran e di Hamas. Scontri che hanno provocato circa 200mila sfollati nella Galilea (nord Israele) e oltre 90 mila tra i libanesi del sud. Aerei da combattimento israeliani hanno colpito, il 12 giugno, le infrastrutture di Hezbollah a Yater, nel sud del Libano, utilizzate per effettuare i bombardamenti missilistici sul nord di Israele. I razzi lanciati, nello stesso giorno, dal gruppo terroristico libanese sarebbero 170. Attacchi hanno preso di mira anche centri come Haifa e Tiberiade. Molti degli israeliani sfollati dalle zone della Galilea, a ridosso del confine con il Libano, sono stati accolti in numerose strutture alberghiere messe a disposizione dal Ministero del Turismo israeliano, altri ospitati da familiari, amici o sostenuti da sussidi e indennità di soggiorno e affitti a spese dello Stato.
Libano. Diversa la situazione sul versante libanese. Il paese dei Cedri è senza un Presidente della Repubblica da più di un anno e mezzo e, come spesso ricordato dallo stesso presidente dei vescovi libanesi, il patriarca maronita, card. Boutros Bechara Rai, è in piena crisi economica e finanziaria. Circa 90mila sfollati dal sud del Paese sono fuggiti verso i grandi centri, come Beirut e Sidone, dove hanno trovato ospitalità soprattutto da amici e parenti. A sostenerli sono anche diverse agenzie umanitarie e la Caritas locale sta fornendo a tanti di loro il necessario per fare fronte ai bisogni più immediati come cibo e medicine, e in qualche caso anche alloggio. La Caritas Libano si avvale della collaborazione di altre Caritas internazionali, tra queste particolarmente attiva è quella Italiana. In particolare, la sinergia tra la Caritas locale e quella italiana si sta rivolgendo, spiegano da Caritas Libano a “quei libanesi che non possono lasciare i loro villaggi di confine, sotto tiro delle artiglierie sia di Israele che di Hezbollah, perché, essendo agricoltori e allevatori, hanno terre e animali da accudire. Caritas Libano dallo scorso novembre sta fornendo sostegno grazie anche a un continuo monitoraggio dei bisogni, anche medici e psicologici”.
Agli abitanti di questi villaggi a rischio bombardamenti danno aiuto i 300 giovani volontari dell’Emergency Response Unit di Caritas Libano: “I volontari di vanno di persona a visitare le famiglie rimaste per accertarsi dei loro bisogni. Si tratta di giovani formati ed equipaggiati ad operare in situazioni di emergenza. Li abbiamo visti all’opera anche in Siria, dopo il terremoto del 6 febbraio dell’anno scorso, e al porto di Beirut dopo la terribile esplosione dell’agosto del 2020. La loro competenza è riconosciuta al punto che tengono corsi per la sicurezza nelle scuole, elaborano piani di evacuazione in caso di calamità e di incendio. Di recente hanno anche tenuto corsi di formazione per i Vigili del fuoco”. Tuttavia, “la loro preparazione non li mette al sicuro specie se si opera in aree di guerra”.
Elmetti e giubbotti per i volontari. “Per aumentare in qualche modo la loro sicurezza” Caritas Libano, con il supporto di Caritas Italiana e di altri donor, ha messo a loro disposizione una dotazione di 10 elmetti, 10 giubbotti anti-proiettili e una segnaletica con logo Caritas da apporre sulle auto e mezzi di servizio per evitare di essere colpiti da droni, aerei e mezzi militari.
Una scelta condivisa e sostenuta anche dal presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, orgoglioso dei 2000 volontari che agiscono in seno al ‘Settore Emergenze’ del Dipartimento giovani della Caritas libanese, la cui punta di diamante è appunto l’Emergency Response Unit. Portare aiuto a questi villaggi di confine, per Caritas Libano vuole dire anche “rispondere al desiderio dei giovani di fare qualcosa per il loro Paese, di donare un contributo di pace. Oltre ad aiuti, cibo e medicine, i volontari portano un forte sostegno umano e vicinanza che non fanno sentire soli e abbandonati gli abitanti dei villaggi del sud”.