Mancano ancora diversi elementi per definire con precisione la composizione del futuro Parlamento europeo. I calcoli dipendono dai sistemi nazionali di spoglio ma vi sono anche incognite legate al fatto che, eletti in sede nazionale, gli eurodeputati devono poi decidere a quale gruppo politico intendono effettivamente aderire all’interno dell’emiciclo.
Stando ai dati finora diffusi dagli uffici del Parlamento europeo, 185 seggi andrebbero ai Popolari, 137 ai Socialisti e democratici, 79 a Renew, cioè i liberaldemocratici. In questo caso la ex “maggioranza Ursula” conterebbe su 401 seggi sui 720 totali (la maggioranza semplice si attesta a 361 voti), ai quali potrebbero aggiungersi 52 rappresentanti dei Verdi nel caso ci fosse maggiore interesse al Green Deal da parte della prossima maggioranza e della Commissione europea.
Le destre dei Conservatori e di Identità e democrazia raggiungono 131 seggi; vi sono poi 100 altri seggi da collocare (tra “non iscritti” e “altri”). Alla luce del voto, la cosiddetta “maggioranza Ursula”, pro Europa, sembrerebbe reggere nonostante il successo politico dei sovranisti di varia marca. Occorrerà però ridefinire un programma comune – assieme al o alla futura presidente della Commissione –, delle priorità politiche alla luce del mutato contesto storico, immaginare riforme per rendere più efficace l’azione del Parlamento europeo e dell’Unione europea nel complesso; e poi serviranno linee strategiche per affrontare i grandi temi dell’attualità, come ad esempio la sicurezza e la difesa, il cambiamento climatico e la sfida energetica, la concorrenza economica, la ricerca e l’innovazione, le migrazioni, la rivoluzione digitale, il futuro allargamento a Balcani, Ucraina, Moldova e Georgia.
Von der Leyen sembra – dopo le elezioni – più vicina al secondo mandato alla guida della Commissione (anche se la nomina dipende dapprima dal consenso del Consiglio europeo, dove siedono i 27 capi di Stato e di governo, e poi da un voto di approvazione dell’Eurocamera). Dovrà peraltro misurarsi in Parlamento con l’agguerrita presenza dei nazionalisti, che arrivano in gran numero in rappresentanza di una parte consistente dell’elettorato europeo.
C’è poi il riflesso del voto per il Parlamento europeo sugli Stati nazionali e sulle maggioranze e minoranze politiche interne. La Francia tornerà al voto a fine giugno dopo il crollo della formazione politica che fa riferimento al presidente Macron e il grande successo dei lepenisti. In Germania traballa il governo del cancelliere Scholz. In Belgio si è dimesso il premier De Croo. Scenari in movimento si registrano in Polonia, in Spagna, in Austria e anche in Ungheria.
Diverso il caso-Italia: le elezioni europee assegnano un risultato lusinghiero a Fratelli d’Italia, un buon esito a Forza Italia e un discreto consenso alla Lega, dando ulteriore stabilità al governo. Il principale partito di opposizione, il Pd, aumenta i voti, mentre calano fortemente i 5Stelle; bene Avs (Alleanza Verdi e sinistra), fuori dall’Europarlamento per non aver raggiunto il 4% le formazioni di Renzi e Calenda.
Parlamento Ue: sovranisti più forti, ma la “maggioranza Ursula” farà il bis?
Il voto europeo rafforza i Popolari e confermerebbe una maggioranza pro Europa con Socialdemocratici e Liberali. Ma i sovranisti di Ecr e Id sono cresciuti e faranno pesare il consenso popolare ottenuto. Nel prossimo quinquennio si attendono riforme per rendere più efficace l'azione Ue, chiamata a misurarsi con sfide emergenti