“Vengo a incontrare voi e, tramite voi, l’intera città, che pressoché dalla sua nascita, circa 2.800 anni fa, ha avuto una chiara e costante vocazione di universalità”. Così il Papa, nella sua seconda visita in Campidoglio dall’inizio del pontificato, ha spiegato il senso della sua salita al colle capitolino. “Per i fedeli cristiani questo ruolo non è stato frutto del caso, ma è corrisposto a un disegno provvidenziale”, ha sottolineato Francesco, ricordando che “Roma antica, a causa dello sviluppo giuridico e delle capacità organizzative, e della costruzione lungo i secoli di istituzioni solide e durature, divenne un faro a cui molti popoli si rivolgevano per godere di stabilità e sicurezza”. “Tale processo le ha permesso di essere un centro irradiante di civiltà e di accogliere persone provenienti da ogni parte del mondo e di integrarle nella sua vita civile e sociale, fino a far assumere a non pochi di loro le più alte magistrature dello Stato”, l’omaggio del Papa: “Questa cultura romana antica, che sperimentava indubbiamente molti buoni valori, aveva d’altro canto bisogno di elevarsi, di confrontarsi con un messaggio di fraternità, di amore, di speranza e di liberazione più grande”. “L’aspirazione di quella civiltà, giunta al culmine del suo fiorire, offre una ulteriore spiegazione del rapido diffondersi nella società romana del messaggio cristiano”, l’analisi di Francesco, secondo il quale “la fulgida testimonianza dei martiri e il dinamismo di carità delle prime comunità di credenti intercettava il bisogno di ascoltare parole nuove, parole di vita eterna: l’Olimpo non bastava più, bisognava andare sul Golgota e presso la tomba vuota del Risorto per trovare le risposte all’anelito di verità, di giustizia, di amore”.