Su Sky e in streaming su Now, in contemporanea con gli Stati Uniti, i primi episodi della seconda stagione di “House of the Dragon” verranno rilasciati dal 17 giugno. Noi li abbiamo visti in anteprima e possiamo affermare che la partenza è grintosa, incisiva e, come sempre, livida. Un esordio di stagione decisamente migliore del precedente, che punta a ricollegarsi con più convinzione all’andamento narrativo de “Il Trono di Spade” (2011-19, 8 stagioni): c’è subito azione, una valida dinamica narrativa e di conseguenza spiazzamento spettatoriale, aspetti chiave nel mondo uscito dalla penna dello scrittore George R.R. Martin. La prima stagione di “House of the Dragon”, seppure visivamente curata e seducente, mancava di densità di racconto e di svolgimento; una narrazione marcata da un’eccessiva attesa, che poi si spiaggiava senza sussulti. Qui, a giudicare dai primi episodi, troviamo subito sostanza, unita a una confezione formale sempre molto accurata. Ovviamente, i temi in campo restano foschi, corrosivi: vendetta, violenza e conquista bramosa del potere. Il mondo disegnato da George R.R. Martin – “Fuoco e Sangue”, Mondadori 2018 – è una potente e disturbante metafora della contemporaneità declinata in un universo medievale di matrice fantasy. Uomini in preda di pulsioni e ambizioni, che abdicano a ogni moralità e valore. A firmare la stagione sono George R.R. Martin e lo showrunner Ryan Condal. Il punto Cnvf-Sir.
Dove eravamo rimasti?
Westeros, circa 200 anni prima della nascita della principessa Daenerys Targaryen. A occupare il Trono di Spade è Aegon II (Tom Glynn-Carney), figlio del defunto re Viserys Targaryen (Paddy Considine) e della seconda moglie Alicent Hightower (Olivia Cooke). Il Trono però viene reclamato dalla primogenita di re Viserys, Rhaenyra (Emma D’Arcy), un tempo amica di Alicent e ora irreparabilmente rivale. La guerra è alle porte e molte casate prendono posizione accanto ai due discendenti di Viserys. A complicare la situazione è l’uccisione del figlio di Rhaenyra per mano del principe Aemond (Ewan Mitchell), altro figlio di Alicent. A gridare vendetta, in maniera sprezzante, è Daemon (Matt Smith), zio nonché consorte di Rhaenyra…
Il potere è donna a Westeros
“House of the Dragon” continua a essere una serie, un racconto, che ruota su due figure femminili molto forti e ben caratterizzate: da un lato, la principessa Rhaenyra, primogenita di casa Targaryen e legittima erede al Trono, dall’altro, la regina Alicent, figlia di Otto Hightower, il cosiddetto “Hand of the King” (Primo cavaliere del re), che cerca in ogni modo di tenere per sé e per i propri figli la linea di successione della corona.
Donne, madri, leader e guerriere, che soffrono per conquistare libertà decisionale e autonomia nel controllo del potere in un mondo ad alto tasso di machismo; donne che hanno dovuto patire sofferenze e violenze, accettando di mettere in gioco la propria integrità e la sicurezza della famiglia, pur di conquistare il “Trono”.
A venire a patti con il male, con la corruzione interiore, è soprattutto Alicent, cresciuta dal padre Otto (Rhys Ifans) con l’obiettivo di conquistare la fiducia e il favore del morente re Viserys: Alicent ha “offerto” la propria giovinezza, onestà, per la corona, sigillando un patto con il male e dando alla luce nuovi eredi. E poi c’è Rhaenyra, figlia amata da Viserys, che si è vista estromettere da tutto e a tutto è disposta pur di riconquistare quanto le spetta. È determinata, indomita e ribelle, che in ultimo si è legata – contro il parere dei più, noncurante dei legami di sangue – allo zio Daemon. Rhaenyra è ossessionata dal Trono e questo la spinge a sacrificare qualsiasi certezza.
Nelle prime puntate della nuova stagione di “House of the Dragon” loro sono sempre il perno del racconto, la loro rivalità è quella che muove ogni azione, ogni personaggio sulla scacchiera. Le figure maschili, accese da desiderio di violenza e vendetta, sono di fatto sussidiarie, una mera appendice, rispetto alle riflessioni e decisioni delle due donne, alla loro determinazione. Tutti tranne uno, Daemon, che rappresenta il giocatore solitario, acceso da ribellione e spavalda rivalsa, il quale non esita a rendere vulnerabile persino la posizione della moglie Rhaenyra. Daemon pensa solo a se stesso, vive nel culto dell’Io.
Nel segno della vendetta
Elemento scatenante della seconda stagione è l’uccisione del primogenito di Rhaenyra. Il casato di Alicent è chiamato a pagare con la stessa moneta, con una simile sofferenza. Un odio senza limiti, mentre dal Nord, al di là del Muro, soffia già il vento inquietante di un inverno pericoloso che avanza: “Winter is Coming”. È l’inverno bruciante che ritroveremo ne “Il Trono di Spade”. Cosa ci spinge a dire che la seconda stagione di “House of the Dragon” parte in maniera migliore della prima? Il racconto è subito deciso, con un’adeguata azione e una buona introspezione dei personaggi, puntellato da studiate svolte narrative. Purtroppo, la prima stagione di “House of the Dragon” scontava il dover introdurre la linea del racconto e nuovi personaggi, al punto da perdersi in stancanti descrizioni e lunghe, esasperanti, attese, rinunciando a quel dinamismo e a quella ciclicità di colpi di scena, tratto distintivo de “Il Trono di Spade”.
E, ancora, la confezione formale torna in maniera accurata, con le sue atmosfere livide e fosche, che riflettono non tanto la cornice del Medioevo di taglio fantastico quanto la dimensione interiore opaca, asfittica, dei personaggi in campo: un’umanità dedita alla sopraffazione e abituata alle violenze, tormentata dal desiderio di potere e possesso, sia nella dimensione politica sia in quella relazionale o persino sessuale. Un mondo ferino, selvaggio, lontano dalle terre della ragione e dalle costellazioni valoriali. Infine, scenografie, costumi e musiche – queste ultime sempre bellissime a firma di Ramin Djawadi – tornano in maniera puntuale, schiudendo suggestioni ed eleganza visiva.
Quale il senso di una storia così disturbante?
Un racconto sfidante e problematico, ma di certo mai banale, che merita di essere approfondito proprio per la sua composizione metaforica. “House of the Dragon” e soprattutto “Il Trono di Spade” ci mostrano un mondo inquinato da ogni tipo di corruzione, violenza e foga di potere, dove latitano rispetto, gentilezza e solidarietà. Un mondo ai confini dell’umanità, che però ne diventa potente metafora: è un’allegoria del vivere sociale votato al potere, al rampantismo e alla svendita di sé. È un affresco fantastico che ci parla delle nostre dispersioni e deragliamenti. Un mondo lunare dove però riesce, qua e là, a sbocciare anche una timida luce di speranza, forse persino di salvezza. Nel “Trono di Spade” alla fine avveniva questo, soprattutto attraverso la traiettoria di alcuni personaggi, in particolare della casata Stark, Jon Snow in testa. In “House of the Dragon” è ancora presto per dirlo, i lampi di fiducia sono per ora impercettibili…