“La solennità del Sacro Cuore di Gesù narra al nostro cuore la storia di tenerezza e di misericordia di Dio, una misericordia che raggiunge il suo culmine in Gesù di Nazareth”. Lo scrive il vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, mons. Sergio Melillo, in una lettera ai sacerdoti, in occasione della solennità che si celebra oggi.
“Il Sacro Cuore di Gesù è davvero la massima ed umanissima espressione dell’amore di Dio che deve illuminare la nostra esistenza tra le difficoltà di questa stagione del mondo, tra ‘lotte e discordie’ che attraversano la storia, i nostri cuori. Questo amore deve rianimare il nostro povero amore, un amore debole, ma sempre espressivo del tutto che noi a Cristo dobbiamo e possiamo donare. È la possibilità di riscoprire la fonte sorgiva del nostro sacerdozio, riacquistando il senso, a volte smarrito, del nostro primo amore. Facciamo nostre le parole del profeta Osea: ‘Il mio cuore si commuove dentro di me!'”, l’invito del presule che mette in guardia da un rischio: “Attenti, figli carissimi, a che il nostro cuore non sia vuoto di amore o sia colmo di falsi amori!”
Ricordando che Papa Francesco ha annunciato, al termine dell’udienza generale del 5 giugno, un “documento che raccolga le preziose riflessioni di testi magisteriali precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza spirituale”, mons. Melillo ha esortato: “Accompagniamo il Santo Padre nella sua meditazione e nel lavoro di scrittura di questo documento, con gratitudine e affetto di figli, e intanto ci proponiamo di riscoprire nella nostra vita spirituale di battezzati e di sacerdoti le ricchezze di questa devozione al Sacro Cuore, che è fonte della nostra speranza”.
“Consapevoli che il sacerdote di domani sarà sempre più l’uomo dal cuore trafitto, sappiamo che solo da questa ferita sgorgherà l’efficacia della sua missione”, osserva il vescovo.
In occasione della Giornata di santificazione dei sacerdoti, il presule chiede “un sincero esame di coscienza, che è allo stesso tempo richiesta di perdono per le nostre mancanze e implorazione della grazia necessaria al nostro progresso spirituale. L’augurio è che non si tratti di un esame di coscienza vago ed astratto, ma concreto e particolare, avendo bene a mente i sentimenti che hanno abitato il Cuore di Cristo: ‘amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé’ (Gal 5, 22)”.
Nella visione giovannea, ricorda mons. Melillo, “è proprio dal Suo Cuore ferito che ci arriva lo Spirito, primo dono dell’Amore del Risorto ai fedeli; e, con lo Spirito, ci arrivano i suoi frutti, direttamente dal Cuore di Dio. Vigiliamo affinché la nostra vita possa essere autentica testimonianza di un’esistenza che parli di amore, che trasmetta gioia e pace, che sia nota per la sua magnanimità e benevolenza, che custodisca bontà e fedeltà, e che brilli per mitezza e dominio si sé. Se la nostra vita sarà così, allora si realizzerà davvero la promessa del Signore, senza che ce ne accorgiamo, e riusciremo a commuovere i cuori più induriti”.