“Il 7 ottobre è stato il giorno peggiore di questi ultimi 76 anni. I 1400 israeliani che sono stati massacrati quel giorno, non solo rappresentano il numero più alto di ebrei uccisi in un giorno dai tempi dell’Olocausto, ma la brutalità del crimine, la sua natura orrenda e tutti i dettagli ad esso collegati ci hanno inevitabilmente fatto tornare ai ricordi legati ai pogrom e alle persecuzioni”. Lo ha ricordato l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Raphael Schutz, celebrando, ieri sera a Roma, presso il museo ebraico, la Festa nazionale dello Stato di Israele (Yom haAtzmaut 2024). Nel suo saluto ai numerosi ospiti, tra cui mons. Paul Richard Gallagher, segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, il diplomatico ha ricordato gli ostaggi israeliani che sono ancora a Gaza e le decine di migliaia di israeliani sfollati al sud, vicino alla Striscia di Gaza e al confine con il Libano a nord, costantemente sotto il fuoco di Hezbollah. “Ci sentiamo ancora immersi e circondati dalla guerra, dal trauma, e non ancora di fronte a un orizzonte più chiaro di ripresa”. Schutz ha rimarcato “la crescente ondata di odio in Occidente, non solo verso Israele, attraverso la negazione esplicita del suo diritto di esistere, ma anche verso gli ebrei ovunque. Lo vediamo nei campus universitari, sia tra i professori che tra gli studenti, nelle proteste violente e nella forte crescita del numero di attacchi fisici contro gli ebrei”. Seppur “lodevole” la comunicazione contro l’antisemitismo “è inefficace perché finora manca di azioni concrete. Tale comunicazione potrebbe addirittura perdere credibilità se è accompagnata da un discorso che pone la sicurezza di Israele e il suo diritto all’autodifesa, nel migliore dei casi, come una questione secondaria e quando vengono formulati affrettatamente giudizi errati sul modo in cui Israele esercita questo diritto, sulla base di opinioni pubbliche e stati d’animo piuttosto che fatti. Questa combinazione di odio palese e frequente ambiguità morale, purtroppo, ha creato una realtà attuale in cui il mondo occidentale, dal 7 ottobre, è diventato un luogo meno sicuro per gli ebrei”. Circa i rapporti con la Santa Sede, l’ambasciatore ha affermato che, dopo il 7 ottobre, in alcuni momenti, “Israele e la Santa Sede non hanno visto allo stesso modo la stessa realtà in Medio Oriente” ma ha ribadito come “la visione di Papa Francesco, espressa soprattutto nelle sue due encicliche ‘Laudato si’ e ‘Fratelli Tutti’ corrispondono perfettamente al concetto ebraico di ‘tikun olam’ (riparare il mondo)”. A tale riguardo, ha concluso, “prima di andare avanti” nella cooperazione sulla base della visione ‘Laudato-si-Fratelli-Tutti-Tikkun-olam’ “é necessario un processo di guarigione. Forse il 60° anniversario di ‘Nostra Aetate’, il prossimo anno, potrà servirci come quadro concettuale per questo processo”.