Per crescere, un bambino “deve potersi muovere dentro il cortile, il parco, la città; ha bisogno di spazi di aggregazione per esprimere la propria vitalità, mentre troppo spesso gli viene chiesto di essere composto e silenzioso per non dare fastidio”. Così lo schermo dello smartphone o del tablet prende il posto del ciuccio di quando era un lattante: “Una sorta di ciuccio elettronico che al bambino non serve a nulla in termini di sviluppo di competenze per affrontare la vita, ma che consente all’adulto di non essere disturbato”. Lo afferma lo psicoterapeuta e scrittore Alberto Pellai, nel suo intervento al convegno promosso lo scorso 18 maggio a Roma dalla Fism, sintetizzato in un pezzo pubblicato sul Sir.
Oggi, ribadisce l’esperto, “occorre riportare dentro le città spazi per i bambini e le bambine” e “far sì che, anziché con i videogame, giochino tra loro”. Solo così “possono imparare l’empatia, la gestione delle relazioni reali – compreso il conflitto e la successiva riconciliazione – e la condivisione dei beni (i giocattoli)”. Un apprendistato che va iniziato in tenera età, per evitare che “magari a 14 anni rischino di trovarsi in difficoltà a stare nella vita reale e possano decidere di uscire fuori dal mondo scegliendo il ritiro sociale”.
Pellai si dice infine contrario all’uso dello smartphone prima dei 14 anni: “Molti dei nostri figli soffrono di deprivazione di sonno e di rapporti sociali; di deficit di attenzione e di dipendenza dal loro device. Credo – conclude – che la sanità pubblica ci stia arrivando”.