“Riscoprire sempre più il valore della persona umana, immagine di Dio, difendendone la sacralità, la dignità e accompagnando con rispetto e cristiana carità coloro che soffrono nel corpo e nello spirito”. È l’esortazione rivolta da Papa Francesco in un messaggio all’Associazione medici cattolici italiani (Amci), riuniti il 24 e 25 maggio a Roma per celebrare l’80° di fondazione (1924-2024). “Prendersi cura del malato – ha spiegato il Pontefice – significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni, di tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri – familiari, amici, operatori sanitari -, col creato, con se stesso”. Infine, richiamando l’anniversario, Francesco ha ringraziato i medici cattolici per la “preziosa opera di testimonianza evangelica e profetica realizzata nel corso di questi anni”.
Il primo atto delle celebrazioni è stato il convegno I medici cattolici da 80 anni profeticamente impegnati tra storia, medicina ed etica, che si è svolto nel pomeriggio di venerdì 24 maggio presso il Senato (Sala Capitolare – Chiostro del Convento di Santa Maria sopra la Minerva) Dopo 80 anni l’Associazione medici cattolici italiani (Amci)
“continua oggi con coerenza e con determinazione il suo corso, in percorsi sinodali, in stretta fedeltà al Vangelo e in convinta adesione al Magistero della Chiesa”,
ha detto nel suo intervento il presidente nazionale, Filippo Maria Boscia. “Con coraggio anche se con fatica – ha sottolineato -, dopo 80 anni andiamo avanti per aprirci alla positiva visione dell’esistenza, in difesa dell’esistenza di tutti, per scrivere una storia nuova non di guerra, ma di pace, di ripristino di relazioni, di fraternità e convivenza in Cristo”.
“I medici – ha spiegato Filippo Anelli, presidente Fnomceo (Federazione ordini medici chirurghi e odontoiatri) nella sua lectio magistralis – sono i custodi della vita e della salute delle persone e la ‘misericordia è lo strumento di cui il medico può avvalersi per lenire le sofferenze, sanare per quanto possibile le malattie, perché la misericordia altro non è che un atto di amore verso l’uomo sofferente, finalizzato al rispetto della dignità di ogni singola persona, di ogni malato”. Per Anelli, “serve oggi un cambio di passo, un cambio di paradigma, intendendo per questo la necessità di rivedere il ruolo del medico in questa società, ossia il passaggio da un professionista preparato per curare la malattia ad un medico capace e formato per curare la persona” perché, ha precisato,
“è sempre possibile curare, è sempre possibile consolare, anche quando non è possibile guarire”.
“Ridare umanità alla medicina liberandola da ‘invasioni tecnologiche’ che, pur utilissime, devono essere gestite dalla persona”. E’ la prima delle tre consegne affidate dal card. Edoardo Menichelli all’Amci di cui è assistente ecclesiastico nazionale. La seconda richiesta è
“impegnarsi per la dignità della cura e il rispetto della sacralità della vita.
Rispetto e sacralità che non sopportano né ammettono esondazioni culturali, legislative e politiche. La vita e la sua sacralità non hanno bisogno di aggettivazioni che le possono impoverire; richiedono riconoscimento della loro unicità e intoccabilità”. Infine “raccordare con sapienza il ministero professionale nel rispetto della dignità della persona malata e nella santa intenzione di migliorare la qualità della vita”. Tutto questo, ha concluso, “richiede dialogo aperto con tutti i soggetti chiamati a custodire il bene della vita e il non confondere la propria identità dentro alleggerimenti culturali e relazionali”.
“Oggi i medici cattolici sono in una condizione di minoranza, di marginalità sociale, di scarsa incidenza culturale, con un futuro difficile da decifrare ma che può essere affrontato con la consapevolezza che nasce dalla fede – ha osservato Piero Cioni, decano Amci -. È compito nostro affrontare le mutate situazioni esistenziali con la capacità di far fronte alle nuove sfide mostrando che la nostra fede si è incarnata in una nostra cultura che può cimentarsi con la cultura oggi dominante”.
Per Vincenzo Maria Saraceni, past president Amci, l’associazione “non deve percepire come estraneo alla sua storia e cultura un proprio intervento nella politica, ma anzi lo deve considerare quale imprescindibile elemento costitutivo della sua ragion d’essere, puntando in tale maniera alla elaborazione di una politica sanitaria autenticamente rinnovata, in quanto diretta espressione di una visione altruistica delle professioni poste a disposizione degli ultimi e dei sofferenti, per implementare quelle condizioni di giustizia, di equità e di soccorso necessarie a definire compiutamente il processo di umanizzazione della sanità”.
L’ultima parola è di nuovo del card. Menichelli, che nell’omelia della celebrazione eucaristica presieduta la mattina del 25 maggio nella basilica di San Giovanni in Laterano, ha invitato a continuare a
“servire la vita, curarne le ferite fisiche, riconoscerne la sacralità ed evangelizzare la sua ‘indisponibilità’ a qualsiasi potere che voglia o pretenda di dominarla e usarla”.
Triplice l’esortazione ai medici: “vicinanza” alla persona malata e umanizzazione delle cure, pur nel tempo “della fretta” e “dell’intelligenza artificiale”. Quindi preghiera per “non cadere nella tentazione della ‘onnipotenza’ della cura” e “mettersi con umiltà e verità davanti all’incommensurabile”. Infine la “samaritanità redentiva e misericordiosa”, ossia “l’accompagnamento delicato e spirituale di fronte al dolore, alla lentezza della guarigione e alla morte”.