“I padri del concilio di Shangai non potevano sapere, ma il loro è stata una specie di Concilio Vaticano II in terra cinese”. Lo ha detto il cardinal Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del dicastero per l’evangelizzazione, durante il convegno internazionale sul centenario del Concilio sinense, in corso presso la Pontificia Università Urbaniana. Il dialogo deve rimanere aperto anche oggi, poiché, come suggerisce il cardinale, “Il concilio non può essere consegnato alla storia come qualcosa da archiviare perché le soluzioni suggerite sono ancora tutte di estrema attualità pur considerando i dovuti mutamenti epocali”. In un altro passaggio, Tagle commenta: “Come a Nicea e nel Vaticano II a Shangai non ci furono dichiarazioni generiche, ma decisioni concrete e condivise intorno a questioni di interesse reale”. Oggi “abbiamo ascoltato – osserva – come tanti decreti conciliari puntavano a evitare che il cristianesimo fosse visto come una ideologia imposta ad altre civiltà. Questa consapevolezza è arrivata fino a noi. La Chiesa nella sua opera missionaria assume in sè altri valori di ogni popolo che arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato e compreso”. L’evangelizzazione “non è indispensabile – aggiunge – a imporre una formulazione culturale, per questo papa Francesco sottolinea che non possiamo pretendere che tutti i popoli imitino le modalità dei popoli europei perché la fede non può chiudersi nei confini della comprensione di una cultura particolare”.