Salute: mons. Redaelli (Cei), “quanto vivremo nel Giubileo dedicato alla speranza divenga la normalità dell’azione pastorale della Chiesa”

“Quanto vivremo più intensamente nel Giubileo dedicato alla speranza divenga la normalità dell’azione pastorale della Chiesa”. È l’auspicio di mons. Carlo Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute della Cei, intervenuto questa mattina alla sessione conclusiva del XXV Convegno nazionale di pastorale della salute a Verona. “Oggi – ha esordito con riferimento al tema del Giubileo 2025, “Pellegrini di speranza” – c’è un fortissimo bisogno di speranza”, ma annunciarla “anche a chi è credente diventa sempre più difficile”. Di qui l’esortazione a “non arrendersi”, ma “a chiedere anzitutto al Signore di aiutarci a credere in Lui che è risorto, e invocare il dono dello Spirito per trovare il modo più vero per essere semi di speranza”.
Nelle disposizioni della Penitenzieria apostolica per la concessione dell’indulgenza plenaria giubilare, ha quindi sottolineato, “si parla anche degli infermi e di coloro che li curano. L’indulgenza plenaria viene infatti annessa anche alle opere di misericordia e di penitenza, stimolando i fedeli a compiere opere di carità e misericordia corporale e spirituale”. Dunque, tra le condizioni per ottenere l’indulgenza c’è anche la visita agli infermi “per un congruo tempo” quasi “compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro”. “La visita, l’ascolto, il piccolo gesto di cura, il piangere con chi piange sono modalità con cui la speranza cristiana può essere testimoniata”, ha chiosato il presule. Di qui l’auspicio che “quanto vivremo più intensamente nel Giubileo dedicato alla speranza divenga la normalità dell’azione pastorale della Chiesa”. Infine un’indicazione anche alla pastorale della salute che “potrebbe trovare qualche forma per aiutare maggiormente i singoli e le comunità a prendersi cura dando speranza, per far crescere questa cura diffusa, una sorta di pastorale della salute della porta accanto”, piccole cose, “ma che dicano un reale prendersi cura e un proporre la speranza cristiana alle persone in difficoltà”.

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