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Papa Francesco: “Preghiamo per la pace definitiva”

Papa Francesco ha concluso l'udienza di oggi con due appelli: per l'Afghanistan, affinché riceva l'aiuto della comunità internazionale, e per una "pace definitiva", senza più guerre. Al centro della catechesi la carità, "culmine" di tutto l'itinerario di catechesi sulle virtù

(Foto Vatican Media/SIR)

“Preghiamo perché ci sia la pace definitiva, e niente guerre”. E’ l’appello di Papa Francesco, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro. “Preghiamo per la pace”, l’invito del Papa: “Non dimentichiamo la martoriata Ucraina, non dimentichiamo la Palestina, Israele, il Myanmar.

Preghiamo per la pace, preghiamo per tutti i popoli che soffrono la guerra. Tutti insieme, con cuore grande, preghiamo perché ci sia la pace definitiva. E niente guerre, niente! Perché la guerra sempre è una sconfitta, sempre”.

Subito prima, un appello alla comunità internazionale, affinché “fornisca subito gli aiuti e il sostegno necessari a proteggere i più vulnerabili” in Afghanistan, colpito da inondazioni che hanno provocato numerose vittime, tra cui bambini. Al centro della catechesi la carità, terza virtù teologale e “culmine di tutto l’itinerario che abbiamo compiuto con le catechesi sulle virtù”.

“I cristiani di Corinto erano piuttosto litigiosi, c’erano divisioni interne, c’è chi pretende di avere sempre ragione e non ascolta gli altri, ritenendoli inferiori”,

ha ricordato Francesco: “A questi tali Paolo ricorda che la scienza gonfia, mentre la carità edifica”. L’apostolo, poi, “registra uno scandalo che tocca perfino il momento di massima unione di una comunità cristiana, vale a dire la cena del Signore, la celebrazione eucaristica: anche lì ci sono divisioni, e c’è chi ne approfitta per mangiare e bere escludendo chi non ha niente”. “Davanti a questo, Paolo dà un giudizio netto”, ha osservato il Papa: “Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Voi avete un altro rituale, che è pagano, non è la cena del Signore”. “Chissà, forse nella comunità di Corinto nessuno pensava di aver commesso peccato e quelle parole così dure dell’Apostolo suonavano un po’ incomprensibili”, ha ipotizzato Francesco: “Probabilmente tutti erano convinti di essere brave persone, e se interrogati sull’amore, avrebbero risposto che certo l’amore era per loro un valore importante, come pure l’amicizia e la famiglia”.

“Anche ai nostri giorni l’amore è sulla bocca di tutti, sulla bocca di tanti influencer e nei ritornelli di tante canzoni. Si parla tanto dell’amore, ma che cos’è l’amore?”,

si è chiesto il Papa, sottolineando che nella Lettera ai Corinzi Paolo chiede ai cristiani “l’altro amore”: ”Non l’amore che sale, ma quello che scende; non quello che prende, ma quello che dona; non quello che appare, ma quello che si nasconde. Paolo è preoccupato che a Corinto – come anche oggi tra noi – si faccia confusione e che della virtù teologale, quella che ci viene solo da Dio, in realtà non ci sia alcuna traccia. E se anche a parole tutti assicurano di essere brave persone, di voler bene alla propria famiglia e ai propri amici, in realtà dell’amore di Dio sanno ben poco”.

“I cristiani sono capaci di tutti gli amori del mondo: anche loro si innamorano, più o meno come capita a tutti”,

ha osservato Francesco soffermandosi sul significato del termine “agape”, che normalmente traduciamo con “carità”. “Anche loro sperimentano la benevolenza che si prova nell’amicizia”, ha proseguito: “Anche loro vivono l’amor di patria e l’amore universale per tutta l’umanità”. “Ma c’è un amore più grande di questo, un amore che proviene da Dio e si indirizza verso Dio, che ci abilita ad amare Dio, a diventare suoi amici, e ci abilita ad amare il prossimo come lo ama Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio, col desiderio di condividere l’amicizia con Dio”, ha spiegato il Papa: “Questo amore, a motivo di Cristo, ci spinge là dove umanamente non andremmo: è l’amore per il povero, per ciò che non è amabile, per chi non ci vuole bene e non è riconoscente. È l’amore per ciò che nessuno amerebbe; anche per il nemico. Questo è teologale, questo viene da Dio, è opera dello Spirito Santo in noi”.

“Noi siamo abituati a chiacchierare dei nemici. Noi siamo abituati, davanti a un insulto o maledizione, a rispondere con un altro insulto e un’altra maledizione”,

le parole a braccio a commento del discorso della montagna. “Non dimentichiamo questo: amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperare nulla”, l’appello di Francesco. “Ci accorgiamo subito che è un amore difficile, anzi impossibile da praticare se non si vive in Dio”, ha ammesso il Papa: “La nostra natura umana ci fa amare spontaneamente ciò che è buono e bello. In nome di un ideale o di un grande affetto possiamo anche essere generosi e compiere atti eroici. Ma l’amore di Dio va oltre questi criteri. L’amore cristiano abbraccia ciò che non è amabile, offre il perdono – quanto è difficile perdonare, quanto ci vuole per perdonare! – benedice quelli che maledicono”. “È un amore così ardito da sembrare quasi impossibile, eppure è la sola cosa che resterà di noi”, ha assicurato Francesco: “L’amore è la porta stretta attraverso cui passare per entrare nel Regno di Dio. Perché

alla sera della vita non saremo giudicati sull’amore generico, saremo giudicati proprio sulla carità, sull’amore che noi abbiamo avuto in concreto”.

“In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, le parole di Gesù. “Questa è la cosa bella, la cosa grande dell’amore”, ha commentato il Papa: “Avanti e coraggio!”.

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