L’invito a leggere tra le righe la solitudine dei ragazzi arriva da Stefano Vicari, ordinario di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica di Roma e responsabile Uoc Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Intervenendo questa mattina alla sessione “Dipendenze – Giovani iperconnessi ma non in relazione?”, nell’ambito del XXV Convegno nazionale di pastorale della salute, “Non ho nessuno che mi immerga. Universalità e diritto di accesso alle cure”, in corso fino al 15 maggio a Verona per iniziativa dell’Ufficio nazionale Cei, Vicari spiega: “La solitudine non è di per sé un elemento negativo, ma diventa preoccupante se si trasforma in ritiro sociale”. Ecco allora “la scelta deliberata di non andare più a scuola, di interrompere i legami sociali per rinchiudersi in casa limitandosi – ma non sempre – ad incontri virtuali sul web”. Un esempio per tutti Marco (nome di fantasia), ragazzo di 16 anni seguito al Bambino Gesù, che ha spiegato di “non voler più vedere nessuno e di considerare solo la casa come il luogo sicuro in cui poter stare”. Per questi ragazzi “il lockdown è stato un terno al lotto – spiega Vicari –, ma il ritorno a scuola è stato vissuto, e per molti continua ad esserlo, con molta ansia”. Dal mal di pancia accompagnato da pianti disperati dei più piccoli, a crisi di emicrania, rifiuto del cibo e disturbi del sonno nei più grandicelli. Alla base “la difficoltà dell’incontro con gli altri, sotto la quale si nasconde talvolta un problema psicopatologico”. Se in genere il ritiro sociale nasconde “forme di autosvalutazione, timore di avere delusioni, ansia, paura di non essere all’altezza, in alcuni casi – meno frequenti – può essere l’esordio di una psicosi in ragazzini che diventano cupi, trasandati, rifiutano il cibo – spiega ancora Vicari –. Oppure è una forma di autismo ad alto funzionamento, non riconosciuto in precedenza”. Di fronte ad un ritiro, avverte, “i genitori dovrebbero essere spinti a capire meglio che cosa c’è dietro, mentre in genere passano molti mesi prima che chiedano aiuto”.