“Migliaia di bambine, bambini con le loro famiglie stanno cercando disperatamente di fuggire da Rafah, ma le cosiddette ‘zone umanitarie’ ampliate verso cui si stanno dirigendo hanno pochissimo spazio e acqua e servizi igienici molto limitati”. Questo l’allarme lanciato dal personale di Save the Children, che è stato costretto a trasferirsi. “Nella periferia abbiamo visto scene di caos – ha dichiarato Rachael Cummings, team leader di Save the Children a Gaza -. Tutte le strade erano piene di auto, con gente ammassata sui camion e bambini in cima ai carretti trainati da asini, in cui erano contenuti tutti gli averi delle loro famiglie”. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno riferito che i pochi posti in cui le persone sono state sfollate con la forza sono privi di latrine, fonti d’acqua, fognature o ripari adeguati. Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per proteggere le vite delle bambine e dei bambini e sta monitorando costantemente la situazione a Rafah per capire se e per quanto tempo potrà continuare a portare avanti il proprio intervento.
“Quando sono arrivato a Gaza a metà novembre – ha raccontato il coordinatore senior Unicef per le emergenze nella Striscia di Gaza, Hamish Young, durante l’incontro con la stampa tenutosi oggi a Ginevra – sono rimasto scioccato dalla gravità dell’impatto di questo conflitto sui bambini e da allora la situazione ha continuato a peggiorare. Ancora una volta, la situazione peggiorerà se le operazioni umanitarie non saranno riattivate nelle prossime 48 ore. Per 5 giorni, carburante e aiuti umanitari non sono entrati nella Striscia di Gaza. I reparti di maternità dell’ospedale emiratino, gli impianti di desalinizzazione dell’acqua, i pozzi e il sistema fognario non possono funzionare. Questo porterà alla morte dei bambini. Morti che possono essere evitate”.