Il voto dei giorni in Macedonia del Nord è stato “competitivo” e la campagna elettorale “ampia e pluralistica”, anche se “guastata da una retorica negativa con slogan nazionalistici, nonché da carenze legislative e da insufficienti controllo dei finanziamenti elettorali”. È quanto scrivono oggi gli osservatori internazionali, inviati dell’Ufficio Osce per le istituzioni democratiche e i diritti umani, dell’Assemblea parlamentare dell’Osce e del Consiglio d’Europa e del Parlamento europeo. La tornata elettorale, che si è svolta in due turni, il 25 aprile e poi il ballottaggio, ieri, 8 maggio, ha segnato la vittoria della candidata conservatrice Gordana Siljanovska Davkova, che sarà la prima donna a capo dello Stato, mentre la maggioranza del Parlamento è ora del Partito democratico per l’unità nazionale macedone (Vmro-Dpmne), di centrodestra e nazionalista, che ha ottenuto il 43,22% dei voti, che corrispondono a 58 dei 120 seggi in Parlamento, contro il 15,36% dell’Unione socialdemocratica di Macedonia (Sdsm), a cui ne vanno 18, di centrosinistra, filoeuropeo, che oggi è al governo. Al terzo posto, con il 13,79% delle preferenze, la coalizione “Per un futuro europeo”, composta da 17 partiti. “Le elezioni si sono svolte in un contesto di insoddisfazione degli elettori nei confronti dell’establishment politico e di una sensazione generale che sia il governo che l’opposizione non avessero la volontà di rispondere alle richieste di lunga data di riforme globali”, scrivono ancora gli osservatori internazionali che rilevano anche il permanere di “molte lacune e incoerenze, che rendono essenziali ulteriori riforme”. Se l’atmosfera nei giorni del voto è stata “costruttiva”, hanno pesato accuse di compravendita di voti che hanno coinvolto tutti i principali partiti politici, mentre le norme statali di finanziamento e par condicio hanno penalizzato i partiti più piccoli e quelli senza alcuna rappresentanza in parlamento. Tra le criticità anche il dato secondo cui le donne sono state poco visibili in campagna elettorale, e che seppure garantendo il 40% di presenza di donne nelle liste, spesso erano relegate al fondo.