“Quanto è importante, carissimi fratelli e sorelle, l’educazione alla fede che avviene in famiglia! Trasmettere le fede ai figli deve essere l’impegno primario dei genitori cristiani. Nessuno abdichi a questa responsabilità. Insegnare a pregare e ad aver fiducia in Dio, far sentire che Maria è la Mamma comune, affidando a lei la propria vita, aiutare a guardare i fratelli con gli occhi e il cuore di Gesù: così si comunica la bellezza della fede”. È l’invito che ha rivolto oggi, durante la messa che ha preceduto la supplica alla Madonna di Pompei, mons. Giuseppe Favale, vescovo di Conversano-Monopoli, richiamando la figura di Marianna Farnararo, moglie del beato Bartolo Longo. Ripercorrendo la storia della contessa, il presule ha osservato: “È proprio vero che lo Spirito Santo sa mettere insieme, per vie che solo Lui conosce, creature che con il profumo della loro santità riescono ad incidere profondamente nella storia, al punto da divenire stelle che danno luce in tempi bui, facendo rifiorire la speranza e la gioia in tutti coloro che vengono a contatto con loro”.
Così è stato nella Chiesa di ieri, “così vogliamo avvenga nella Chiesa di oggi, che ha più che mai bisogno di una fioritura di santità ordinaria per continuare ad essere sale della terra e luce del mondo (cf Mt 5,13-16). Non dobbiamo dimenticare, cari fratelli e sorelle, che anche in noi agisce lo Spirito, che ci indica la qualità alta della vita cristiana a cui tutti dobbiamo tendere – ha affermato il vescovo -. La santità cristiana non è per pochi privilegiati ma è dono per ogni battezzato che, innestato come tralcio alla vite che è Cristo, è chiamato a portare frutti buoni nella carità”. E ha suggerito: “Come impegno che scaturisce da questo nostro ritrovarci uniti oggi a Maria, Regina del Santo Rosario, riprendiamo tra le mani l’esortazione apostolica ‘Gaudete et exsultate’ e ripartiamo nel vivere la gioia della nostra chiamata alla santità”.
Ritornando alla storia della contessa, ha proseguito: “La Provvidenza ha voluto che soprattutto un incontro segnasse per sempre la vita di Marianna, ed è quello con l’avvocato Bartolo Longo. Non è certo questo il momento per richiamare le vicende che portarono all’incontro di due persone, che pur totalmente diverse tra loro, riuscirono a mettersi all’unisono a servizio del progetto di Dio. Piace però sottolineare che entrambi furono afferrati dalla forza della carità, che fu l’anima di ogni loro azione apostolica. Se riuscirono a rivoluzionare un contesto sociale difficile, ciò fu possibile perché nel loro cuore c’era un fuoco che li divorava, il fuoco dell’amore di Dio! Ricordiamo cosa fosse questo territorio quando vi giunsero la prima volta: era una terra di briganti e di contadini che vivevano nell’indigenza più assoluta. Non si persero d’animo e mettendo mano ad un’opera di rinascita spirituale e sociale riuscirono a dissodare un terreno inaridito dalla miseria”.