Pace in Europa e nel mondo.
Ad invocarla ancora una volta è stato Papa Francesco, con un doppio appello lanciato durante i saluti al termine dell’udienza di oggi, a Piazza San Pietro. Rivolgendosi ai pellegrini polacchi, il Papa ha invocato “il dono della pace in Europa e in tutto il mondo, specialmente in Ucraina e in Medio Oriente”. ”Il Signore conceda pace al mondo intero, specialmente alla cara e martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, al Myanmar”, l’appello furante i saluti ai fedeli di lingua italiana, nel giorno della supplica alla Madonna di Pompei. “Preghiamo per l’Argentina”, ha detto a braccio nei saluti in spagnolo, indicando la statua della Madonna di Lujan, molto venerata nel suo Paese natale, ai piedi della quale aveva deposto un omaggio floreale prima di iniziare la catechesi, appena raggiunta la sua postazione al centro del sagrato. “Se manca la speranza, tutte le altre virtù rischiano di sgretolarsi e di finire in cenere”, il monito della catechesi, dedicata a questa virtù teologale: “Se non esistesse un domani affidabile, un orizzonte luminoso, non resterebbe che concludere che la virtù sia una fatica inutile”.
“Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente”,
ha detto Francesco citando Benedetto XVI. “Se non c’è un senso al viaggio della vita, se all’inizio e alla fine c’è il nulla, allora ci domandiamo perché mai dovremmo camminare”, l’analisi del Papa: “Da qui nasce la disperazione dell’uomo, la sensazione della inutilità di tutto. E molti potrebbero ribellarsi: ‘Mi sono sforzato di essere virtuoso, di essere prudente, giusto, forte, temperante. Sono stato anche un uomo o una donna di fede… A che cosa è servito il mio combattimento, se tutto finisce qui?’”. Se credi, infatti, nella risurrezione di Cristo, “allora sai con certezza che nessuna sconfitta e nessuna morte è per sempre. Ma se non credi nella risurrezione di Cristo, allora tutto diventa vuoto, perfino la predicazione degli apostoli”. “La speranza è una virtù contro cui pecchiamo spesso”, ha denunciato il Papa: “Nelle nostre cattive nostalgie, nelle nostre malinconie, quando pensiamo che le felicità del passato siano sepolte per sempre. Pecchiamo contro la speranza quando ci abbattiamo davanti ai nostri peccati, dimenticando che Dio è misericordioso ed è più grande del nostro cuore”. “Non dimentichiamo questo”, ha aggiunto a braccio:
“Dio perdona tutto, Dio perdona sempre, siamo noi a stancarci di chiedere perdono.
Non dimentichiamo questa verità”. “Pecchiamo contro la speranza quando in noi l’autunno cancella la primavera”, ha proseguito: “Quando l’amore di Dio cessa di essere un fuoco eterno e non abbiamo il coraggio di prendere decisioni che ci impegnano per tutta la vita”.
“Il mondo ha bisogno della speranza, come ha tanto bisogno della pazienza,
una virtù che cammina a stretto contatto con la speranza”, l’appello del Papa. “Gli uomini pazienti sono tessitori di bene”, ha osservato Francesco: “Desiderano ostinatamente la pace, e anche se alcuni hanno fretta e vorrebbero tutto e subito, la pazienza ha la capacità dell’attesa. Anche quando intorno a sé molti hanno ceduto alla disillusione, chi è animato dalla speranza ed è paziente è in grado di attraversare le notti più buie. Speranza e pazienza vanno insieme”. “La speranza è la virtù di chi ha il cuore giovane; e qui non conta l’età anagrafica”, la tesi del Papa: “Perché ci sono anche vecchi con gli occhi pieni di luce, che vivono una tensione permanente verso il futuro”. Come Simeone e Anna, che “non si stancarono mai di attendere e videro l’ultimo tratto del loro cammino terreno benedetto dall’incontro con il Messia”. “Che grazia se fosse così per tutti noi!”, ha esclamato Francesco. “Andiamo avanti e chiediamo la grazia di avere la speranza”, l’invito finale a braccio: “La speranza con la pazienza, sempre guardare a quell’incontro definitivo, guardare che il Signore è sempre vicino a noi, che mai la morte sarà vittoriosa. Preghiamo perché il Signore ci dia questa grande virtù della speranza, accompagnata dalla pazienza”.