“In Italia, più della metà dei 4milioni e 203mila lavoratori e lavoratrici part-time rilevati dall’Istat nel 2022 è in una condizione di part-time involontario”: È quanto emerge dal documento “Da conciliazione a costrizione: il part-time in Italia non è una scelta. Proposte per l’equità di genere e la qualità del lavoro”, presentato oggi a Roma, presso la Sala Zuccari del Senato. L’analisi dei dati della “Rilevazione sulle forze di lavoro” dell’Istat del 2022 mostra che tra le donne, che rappresentano circa i tre quarti delle persone occupate a tempo parziale, è più diffuso anche il ricorso al part-time involontario, che è più frequente tra le giovani donne: si parla del 21% delle occupate di 15-34 anni rispetto al 14% di quelle di 55 anni e oltre. Oltre alla caratterizzazione di genere, il documento mostra che il part-time involontario è più frequente anche nel Mezzogiorno, tra le persone straniere, tra chi possiede un basso titolo di studio e tra le persone con un impiego a tempo determinato: 23% contro il 9% del tempo indeterminato, e il 7% degli e delle indipendenti. Su tutti i contratti attivati nel I semestre 2022, il 35,6% è a part-time, con consolidate differenze di genere: sul totale dei contratti attivati a donne quasi la metà (il 49%) è a tempo parziale contro il 26,2% dei contratti attivati agli uomini. Inoltre, se si guarda al tempo indeterminato, che rappresenta solo il 15% dei contratti attivati a donne, oltre la metà di questa quota (il 51,3%) è a tempo parziale. Il documento fotografa il part-time involontario anche dal lato della domanda di lavoro, ovvero analizzando i dati sulle imprese che utilizzano personale a tempo parziale tratti dalla V indagine Inapp “Qualità del lavoro nella sua componente relativa alle unità locali”, condotta nel 2021. Il 12% delle imprese fa “un uso strutturale” del part-time, ossia oltre i due terzi (70%) dei dipendenti risulta inquadrata a regime orario ridotto. Anche in questo caso, l’indagine rileva che l’occupazione part-time è una questione prevalentemente femminile. Un altro dato interessante riguarda la polarizzazione rispetto alla dimensione d’impresa. Tali realtà produttive presentano infatti probabilità maggiori di essere microimprese (meno di 5 addetti) e imprese di grandi dimensioni con oltre 250 addetti.