“Mi sembra di poter dire che la Chiesa, molto seriamente e molto onestamente, sta provando ad accogliere il contributo di tutti”. Lo ha detto don Mattia Magoni, docente dell’Istituto Superiore di scienze religiose Bergamo, durante la sessione sulla parte fondativa all’interno del Convegno “Noi, non loro”, promosso a Scampia dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità della Cei. “Il cammino sinodale e il Sinodo – ha aggiunto – dicono di questo tentativo, che non vale solo per le persone con disabilità, ma per ciascuno: ogni storia è preziosa, perché la Chiesa è un movimento biografico, una storia fatta delle vite di uomini e donne nelle cui esistenze si ritaglia spazio l’azione imprevedibile dello Spirito del Risorto. Non è quindi questione di gentilezza e di ‘inclusività’, ma di radicale fedeltà al Vangelo: accogliere il contributo che ogni battezzato porta, anche chi vive l’esperienza della disabilità, non è un’opzione per la Chiesa. È necessario, è un’esigenza di fedeltà alla propria chiamata. Da sempre il popolo di Dio, anche attraverso la vita di persone con disabilità, ha intuito qualcosa di Lui che altrimenti non avrebbe conosciuto: si dice che Mosè fosse balbuziente, Paolo ha visto Gesù nel momento in cui i suoi occhi sono diventati ciechi, il paralitico ci ha raccontato che anche il cuore può essere bloccato tanto quanto le gambe, l’uomo con la mano inaridita, guarito di sabato, ci ha fatto scoprire che Dio tiene a noi più di tutto. Ecco – concludendo –, penso che la Chiesa debba continuare a ripartire da qui, dalle sue sorgenti. Perché fa parte della sua identità. Perché ne è capace. E perché sta continuando a muovere passi in questa direzione”.