“Cambiare la logica o l’anticultura della chiusura e dello scontro, per costruire una cultura di pace e vivere come fratelli alla ricerca del bene comune e del rispetto della dignità umana. Ascoltiamo il grido del popolo che, dal suo cuore, desidera una riforma della giustizia”. È l’appello che arriva dalla Conferenza episcopale boliviana, nel messaggio al popolo di Dio che ha concluso l’assemblea plenaria, inviato al Sir. Si chiedono a gran voce ai boliviani “la pace e la riconciliazione reciproca e con gli altri, senza rancore, senza divisioni, uniti nella diversità e costruendo ponti per l’incontro, per vivere come fratelli, per il bene comune e il rispetto della dignità umana”.
Il messaggio è stato presentato, nel corso di una conferenza stampa, da mons. Aurelio Pesoa, vescovo del vicariato apostolico di Beni e presidente della Ceb, da Ricardo Centellas, arcivescovo di Sucre e vicepresidente, e da mons. Giovani Arana, vescovo di El Alto e segretario generale, che lo hanno letto a conclusione dell’assemblea, svoltasi dall’11 aprile fino a ieri a Cochabamba., con il motto. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. I vescovi hanno affrontato principalmente il tema della violenza in Bolivia, a partire da diversi ambiti, con il contributo di esperti che hanno riflettuto la realtà di questa piaga sociale, che porta con sé femminicidi, infanticidi, traffico di droga e criminalità organizzata; così come la crisi della giustizia e l’aggressione all’Amazzonia. “Le strade della pace si costruiscono costruendo ponti di comunicazione. La Bolivia ha bisogno di costruire ponti per unire tutti i boliviani”. I vescovi propongono come frutto del Bicentenario della Bolivia e dell’Anno giubilare l’amnistia e l’indulto per i detenuti ingiustamente privati della libertà: “Come pastori invitiamo tutto il popolo di Dio a fare della celebrazione del Bicentenario della Bolivia e del Giubileo del Redentore un’occasione per rinnovare il nostro impegno per una Bolivia piena di speranza”.