È dedicata ai “tanti crocifissi” del mondo e della storia, la prima Via Crucis scritta di suo pugno da Papa Francesco nei suoi undici anni di pontificato, e intitolata: “In preghiera con Gesù sulla via della croce”. Prima di lui, a vergare il testo delle meditazioni e delle preghiere del rito pasquale più sentito dalla devozione popolare erano stati soltanto Giovanni Paolo II, nel 2003, e Joseph Ratzinger, da cardinale, nel 2005. “Per conservare la salute” in vista della Veglia di domani e della Messa di Pasqua, ha fatto sapere la Sala Stampa della Santa Sede, il Santo Padre ha seguito la Via Crucis non dalla sua consueta postazione al Palatino, ma da Casa Santa Marta.
“Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie?”,
una delle domande poste da Bergoglio nelle meditazioni preparate per la Via Crucis.
“Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare?”,
si legge nell’ottava stazione. “Tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per essere crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore”, la meditazione sulla nona stazione: “Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te, perché tu sei lì, in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale”. “Gesù, fa’ che ti riconosca e ti ami nei bimbi non nati e in quelli abbandonati, in tanti giovani in attesa di chi ascolti il loro grido di dolore, nei troppi anziani scartati, nei detenuti e in chi è solo, nei popoli più sfruttati e dimenticati”, prega Bergoglio nell’undicesima stazione. Poi l’invocazione finale, come in un crescendo che ne riassume tutto il tono:
“Questa preghiera di intercessione raggiunga le sorelle e i fratelli che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del tuo nome; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti. Gesù, con la tua croce hai fatto di tutti noi una cosa sola: stringi nella comunione i credenti, infondi sentimenti fraterni e pazienti, aiutaci a collaborare e a camminare insieme; custodisci la Chiesa e il mondo nella pace”.
L’esempio scelto, ancora una volta, è quello delle donne, che nell’ottava stazione “non hanno voce ma si fanno sentire”: “Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine a te, ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze”. Sulla vetta del Golgota, fa notare Francesco nella decima stazione, Gesù ci svela “l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo”. E nel suo ultimo grido di dolore, nel momento in cui si sente abbandonato da Dio, Gesù – scrive il Papa nell’undicesima stazione – ci rivela “cosa fare nelle tempeste della vita: anziché tacere e tenere dentro, gridare a te, perché non sei fuggito dal mio smarrimento, ma l’hai abitato fino in fondo.
E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, rivedo te, mio Dio: fa’ che ti riconosca e ti ami”.
Potenza inaudita della preghiera, quella descritta nella dodicesima stazione. “Gesù, ricordati di me”, supplica il Papa:
“Ricordati di me e il mio male non sarà più un capolinea, ma una ripartenza.
Ricordati: mettimi cioè di nuovo nel tuo cuore, anche quando mi allontano, quando mi perdo nella ruota della vita che gira vorticosamente. Ricordati di me, Gesù, perché essere ricordati da te – lo mostra il buon ladrone – è entrare in paradiso. Soprattutto ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia”. Su tutto si staglia la figura di Maria, madre di Dio e madre nostra, che nella tredicesima stazione stringe tra le braccia il corpo straziato di suo figlio: “Madre, sono io quel figlio! Accoglimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire ‘sì’ a Dio, ‘sì’ all’amore. Madre di pietà,
viviamo un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione:
tu, tenera e forte, ungici di mitezza: sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell’anima”. Il rito del Venerdì Santo presieduto dal Papa è stato quello della celebrazione della Passione del Signore, con il momento di raccoglimento iniziale in preghiera silenziosa, in sedia a rotelle, e l’omelia del card. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia.
“La vera onnipotenza di Dio è la totale impotenza del Calvario”,
ha detto il cardinale: “Alla nostra volontà di potenza, Dio ha opposto la sua volontaria impotenza. Che lezione per noi che, più o meno consciamente, vogliamo sempre metterci in mostra! Che lezione anche per i potenti della terra! Per quelli tra essi che neppure remotamente pensano a servire, ma solo al potere per il potere; quelli – dice Gesù nel Vangelo – che opprimono i popoli e, per giunta, si fanno chiamare da loro benefattori”. Poi la parafrasi dell’invito di Gesù – “Venite a me, voi tutti, e io vi darò ristoro” – con i termini dell’attualità:
“Vieni tu che sei anziano, malato e solo, tu che il mondo lascia morire nella miseria, nella fame, o sotto le bombe;
tu che per la tua fede in me, o per la tua lotta per la libertà, languisci in una cella di prigione; vieni tu, donna, vittima della violenza. Insomma tutti, nessuno escluso: Venite a me e io vi darò ristoro! Non ho forse promesso solennemente: ‘E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me’”. “Ma che ristoro, puoi darci tu, o uomo della croce, tu più derelitto e affaticato di quelli che vuoi consolare?”, si è chiesto il cardinale quasi intessendo un dialogo ideale. “Venite a me, perché io sono! Io sono Dio!”, la risposta: “Ho rinunciato alla vostra idea di onnipotenza, ma conservo intatta la mia onnipotenza che è l’onnipotenza dell’amore”.