(da Mukachevo) “Il problema maggiore è che noi non eravamo pronti ad una guerra su larga scala. Ormai sono più di due anni. È un tempo lungo. Ci sono tante vittime. Tante persone sono morte. E siamo stanchi”. Preferisce non farsi fotografare e rimanere nell’anonimato. È la moglie di un soldato impiegato sul fronte. Sono entrambi medici. La incontriamo in un bar di Mukachevo per capire come è la vita in trincea, come stanno i soldati, quali notizie arrivano dai prigionieri di guerra. Il marito la chiama tutti i giorni. Lo ha fatto anche ieri. “Ha detto che stanno tutti bene, che sono tutti vivi e sani”, racconta. “Speriamo che non succeda niente. Ieri è stata una giornata difficilissima. Hanno sparato tantissimo. Ma oggi, la situazione è più calma”. Quando squilla il telefono, ha paura. Una volta, durante una telefonata ha assistito in diretta all’esplosione di una bomba esattamente a pochi metri dal marito. Un’altra volta, il marito non l’ha chiamata per 8 giorni. “È stato tremendo, pensavo fosse morto. Ho aspettato con la speranza e ho pregato”.
Sono tanti i feriti sul campo. Anche qui a Mukachevo, nella parte più occidentale del Paese, gli ospedali sono pieni. Ma a preoccupare sono anche i traumi psicologici. “Sono stanchi. Fanno fatica a vivere per tanto tempo sotto questa pressione. Ora la guerra si conduce con i droni. E nascondersi per i soldati diventa sempre più difficile. Perché i droni riescono ad intercettare le loro postazioni”. I soldati alternano la vita “sotto terra”, in trincea, quando sono in posizione attiva sul fronte, alla vita nelle caserme. Il marito vive così dal primo giorno della guerra. Come medico si occupa delle ferite.Sono colpiti soprattutto da bombe e da mine. Significa rimanere senza gambe, senza braccio, con traumi cranici. Ai danni fisici si aggiungono i traumi psicologici. La donna spiega: “Se una persona, per due volte alla settimana, sta per 24 ore dentro una trincea, subisce uno stress grandissimo. Alle condizioni di precarietà, si aggiunge il fatto che sopra alle loro teste, passano i droni. C’è tanta paura. Le età dei soldati sono diverse, 25 anni, 30, 40, 50. E le possibilità di darsi il cambio, purtroppo, non sono tante. La presenza dei soldati nei battaglioni comincia anche a diminuire. Suo marito, per esempio, è tornato a casa ma lo ha fatto solo per portare il corpo di un soldato morto alla sua famiglia ed è rimasto a dormire una notte. “Preferisce non raccontare quanto succede sul fronte perché non vuole farmi soffrire. Mi ripete sempre che sta facendo di tutto, perché nessuno muoia per le ferite riportate in combattimento”. Ma è difficile rimanere vivi. Ci sono delle zone di combattimento in cui non si può entrare a prendere i soldati caduti a causa dei continui bombardamenti e si muore così, a terra, da soli, sul campo di battaglia, per le ferite riportate.
Anche dei soldati presi prigionieri si sa pochissimo. Si preferisce non raccontare. Chi è ritornato dalla prigionia, parla di condizioni di crudeltà. “Una mia conoscente, una giovane donna con un bambino piccolo, non ha avuto notizie del marito per 8 mesi. Era stato fatto prigioniero in Russia. Quando è tornato a casa un soldato, le ha comunicato che il marito era con lui ed era ancora vivo. Le ha anche detto di accontentarsi di saperlo vivo e che era meglio non sapere altro. La verità sulle sue reali condizione le avrebbe fatto troppo male”.
La donna ha un pensiero di dolore anche per i soldati russi impegnati sullo stesso terreno di guerra. “Quanti russi sdraiati per terra morti. Sono talmente tanti che è una distesa”. A chi è fatto prigioniero, viene detto: ‘telefonate a casa, dite di non venire, dite che qui si muore. Qui vi ammazzano’. “Si sono arruolati ma non sapevano dove li stessero mandando. Quando li prendono, tremano dalla paura. E poi ci sono tanti cadaveri di soldati russi che rimangono senza sepoltura. Ci sono mamme che non sanno che fine hanno fatto i loro figli e mariti. I russi sanno cosa sta succedendo qui, ma non possono dire e fare niente. Io sono convinta che non tutti i russi siano crudeli. Sono tutti ragazzi e tutti giovanissimi. Questa guerra ci sta mostrando dove può arrivare la mente dell’uomo. Come si fa a bombardare milioni di persone. Come si fa ad uccidere un altro essere umano. Perché lo stanno facendo? Quante sofferenze. Quanto dolore”.