“Vivere il cambiamento d’epoca con fiducia e speranza: ecco un primo impegno fondamentale che oggi san Benedetto ci ricorda, un dono che vogliamo chiedere per noi, per tutta la Chiesa e per il suo cammino sinodale, che vogliamo chiedere specialmente per coloro che vivono questo cambiamento con amarezza e tristezza”. Lo ha sottolineato il card. Arrigo Miglio, amministratore apostolico di Iglesias, nell’omelia della celebrazione eucaristica che ha presieduto oggi a Montecassino per la solennità per il transito di San Benedetto.
All’inizio, il porporato ha ricordato che “siamo nell’ottantesimo dei tragici eventi del ’44, che abbiamo potuto rivivere attraverso i documentari impressionanti trasmessi in questi ultimi mesi”. E, sottolineando che “la Storia si realizza nel tempo e nello spazio”, il cardinale ha osservato che “oggi non possiamo non guardare in particolare all’Europa, ricordando il sessantesimo anniversario della proclamazione di san Benedetto come Patrono d’Europa fatta da san Paolo VI, ma anche guardando ai prossimi appuntamenti elettorali che la coinvolgono, ma soprattutto guardando alla tragedia della guerra che la insanguina e la dissangua con l’escalation degli armamenti che si fa sempre più pesante”. “Siamo chiamati a pregare per la pace ma siamo chiamati anche a lavorare per una cultura che costruisca la pace e porti l’Europa ad essere capace di esportare la cultura della pace”. Il porporato si è quindi soffermato su due parole: la prima è “amore: non è certo sconosciuta, anzi la ripetiamo anche troppo, ma non ne conosciamo più il vero significato, non ne conosciamo più la strada e soprattutto non siamo più capaci di educare e di educarci all’amore. Tutti abbiamo fame e sete di amore, ma sempre più ci lasciamo depistare nel ricercarlo e finiamo sempre di più in situazioni di violenza e di morte, mentre l’amore voleva essere chiamata alla vita”. La seconda parola “da riscoprire” è “libertà”. “Anche questa – ha rilevato – viene declamata ogni giorno, ma intanto siamo avvolti sempre più da un individualismo che ci lega a mille schiavitù e dipendenze”. “Proviamo a riscoprire queste due parole alla luce della Regola e chiediamo al nostro Santo Patrono di aiutarci ad essere veri educatori all’amore e alla libertà”, l’esortazione del cardinale. “Guardando a questa abbazia, risorta anche lei dalla distruzione e dalla morte, non è difficile vedere una somiglianza con la Persona del Risorto, i segni delle ferite, che ci aiutano a non dimenticare e a ricordare quale sia il prezzo dell’amore e della libertà”, ha ammonito Miglio: “Ci aiutano a comprendere che pace non è uno slogan ma è parola che indica una via fatta di quotidiano impegno nell’accoglienza e nel servizio, costruendo e ricostruendo, pietra sopra pietra, proprio come è avvenuto qui, non una volta soltanto, e come avviene ogni giorno in ogni comunità e in ogni famiglia che non si lascia vincere dallo scoraggiamento e dalla tristezza e non perde mai la voglia e la capacità di sognare”.