“Sono significativi ed eloquenti ancora oggi i cinque titoli con i quali Paolo VI, all’inizio di quel documento, definiva san Benedetto: messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente. Con queste parole Paolo VI ci ha ricordato che San Benedetto ha fondato il monachesimo sulla roccia della fede in Cristo, e lo ha fatto divenendo per tutti, e non solo per i cristiani o per i monaci, un messaggero di pace, un realizzatore di unione, un maestro di civiltà”. Lo ha ricordato oggi dom Luca Fallica, abate di Montecassino, nel saluto iniziale della celebrazione eucaristica per la solennità per il transito di San Benedetto. Dom Fallica ha osservato che “la solennità di san Benedetto si inserisce in un anno ricco di memoria. Abbiamo da poco ricordato gli ottant’anni dai tragici bombardamenti che hanno prima distrutto l’Abbazia e poi raso al suolo la città di Cassino, dopo aver portato tanta distruzione e tante ferite su tutto questo nostro territorio. Ci apprestiamo a ricordare in ottobre i sessant’anni dalla consacrazione di questa Chiesa da parte di san Paolo VI, che in quell’occasione proclamò san Benedetto patrono principale d’Europa, con la lettera apostolica ‘Pacis Nuntius’”. Poi, ha sottolineato come pace, unione e civiltà “sono tre parole importanti anche per noi e per la stagione critica che stiamo attraversando”. “Non deve sfuggirci – ha spiegato – il nesso intimo che le collega: la civiltà, cioè un vivere civile degno della persona umana e delle sue più autentiche aspirazioni a una vita felice e compiuta, è tale quando può maturare nella pace, e la pace a sua volta ha bisogno che le logiche dell’unione e della comunione siano più forti di quelle della divisione e della contrapposizione. E sono significativi anche i verbi con cui Paolo VI accompagna questi termini: occorre essere messaggeri di pace perché la pace va annunciata, e soprattutto va sostenuta la speranza che la pace rimane sempre possibile, anche quando ci scontriamo con tante impossibilità; occorre essere poi realizzatori di unione, perché la comunione ha bisogno non di parole ma di gesti concreti; e infine maestri di civiltà, perché il vivere civile va educato, formato, accompagnato con pazienza nella sua lenta maturazione”. “Preghiamo in questa eucaristia san Benedetto, colui che fu benedetto di nome e di fatto, affinché interceda per noi, e la benedizione di Dio ci raggiunga, così che anche ciascuno di noi, per le competenze e le responsabilità che possiede, si lasci guidare nel suo operato e nelle sue scelte da questi criteri: pace, unione, civiltà, da vivere nella luce dei tre verbi: annunciare, realizzare, educare”, ha concludo l’abate.