“Nelle ultime settimane ci sono stati dei massacri, dei villaggi incendiati e c’è molta paura tra la popolazione”. A parlare al Sir dalla Repubblica Centrafricana è padre Aurelio Gazzera, di Cuneo, carmelitano scalzo e missionario da oltre trent’anni, nominato a febbraio da Papa Francesco nuovo vescovo di Bangassou. In una intervista racconta come la popolazione sta vivendo il Venerdì santo e le celebrazioni pasquali, ma anche come si sente dopo aver saputo della nomina episcopale. Dopo 17 anni trascorsi a Bozoum come parroco, poi a Baoro, dove ha seguito scuole e asili gestiti dai carmelitani scalzi. Si insedierà in diocesi dopo Pasqua, inizialmente come vescovo coadiutore. Intanto sta vivendo le celebrazioni pasquali nelle chiese e cappelle di piccoli villaggi vicino Baoro, “con meno splendore ma molto calore e preghiera”. Bangassou è enorme, circa 135.000 km² a sud-est del Paese, un territorio grande quasi come metà Italia, a 750 km dalla capitale Bangui. “Alcune zone sono ancora devastate dalla presenza delle truppe ribelli”, racconta. La diocesi è infatti al confine con la Repubblica democratica del Congo, il Sud Sudan e non lontano dall’Uganda: “Qui c’erano i ribelli di Kony, poi ci sono i movimenti dal Sud Sudan e i movimenti interni, con zone sotto il controllo dei ribelli”. La diocesi di Bangassou ha 12 parrocchie, di cui due temporaneamente chiuse proprio a causa della presenza dei ribelli. L’altro grande problema “è il fatto che l’accesso a Bangassou è diventato quasi impossibile. Nella stagione secca quando si può ancora viaggiare, in macchina o in camion ci vuole una settimana/dieci giorni per arrivare a Bangui”, mentre nella stagione delle piogge “è praticamente impossibile muoversi, quindi bisogna prendere l’aereo delle Nazioni Unite”.
“I primi tempi da vescovo – confida il missionario – sono momenti molto particolari. La proposta mi era già stata anticipata da qualche mese. La decisione era chiara. Il problema viene dopo, quando ti rendi conto di ciò che comporta come impegno personale e spirituale. Un impegno così grande, così profondo. I doni che il Signore fa alla Chiesa nella figura del vescovo, come il ministero della predicazione, della santificazione, del governo, sono cose che vanno senz’altro al di là della capacità umana, e so benissimo di non avere la capacità di poter fare una cosa del genere”. Nonostante i timori, prosegue, “sento che interviene e agisce proprio la grazia di Dio, la grazia del sacramento e dello Spirito Santo”. “La cosa più bella, che mi ha letteralmente travolto e stravolto – racconta – è l’affetto e la preghiera di tantissime persone. Quando sono rientrato a Baoro hanno fatto un corteo con le moto, mi hanno accompagnato gli ultimi 2 km e siamo andati a piedi fino alla parrocchia. La stessa cosa a Bozoum. Per me questa è una carezza del Signore: quando affida un impegno, un peso così importante, dà anche la grazia di accoglierlo. E la preghiera e l’affetto di tantissima gente è veramente un balsamo che mi aiuta giorno dopo giorno a cercare di entrare sempre più in questo mistero che è l’episcopato”.