Il Venerdì Santo nella Repubblica Centrafricana, tra gruppi ribelli che ancora compiono massacri e intimoriscono la popolazione e tanta povertà, ha “una profondità molto particolare: qui la sofferenza è molto sentita e vicina: quasi tutte le famiglie hanno vissuto dei drammi. Ci sono problemi sanitari, una mortalità infantile molto alta e problemi di sicurezza che scuotono continuamente il Paese. Qual è la risposta? La preghiera”. Ne è convinto padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano di Cuneo, che vive da oltre trent’anni nella Repubblica Centrafricana. Dopo 17 anni trascorsi a Bozoum come parroco, poi a Baoro, dove ha seguito scuole e asili gestiti dai carmelitani scalzi, è stato nominato vescovo coadiutore di Bangassou da Papa Francesco il 23 febbraio di quest’anno. Entrerà, come coadiutore, in diocesi dopo Pasqua. Intanto sta vivendo le celebrazioni pasquali nelle chiese e cappelle di piccoli villaggi vicino Baoro, “con meno splendore ma molto calore e preghiera”.
A Bangassou tra la violenza dei gruppi ribelli. Bangassou è enorme, circa 135.000 km² a sud-est del Paese, un territorio grande quasi come metà Italia, a 750 km dalla capitale Bangui. “Alcune zone sono ancora devastate dalla presenza delle truppe ribelli”, racconta al Sir. La diocesi è infatti al confine con la Repubblica democratica del Congo, il Sud Sudan e non lontano dall’Uganda: “Qui c’erano i ribelli di Kony (Joseph Kony è un guerrigliero e militare ugandese, ndr), poi ci sono i movimenti dal Sud Sudan e i movimenti interni, con zone sotto il controllo dei ribelli.
Nelle ultime settimane ci sono stati dei massacri, dei villaggi incendiati e c’è molta paura tra la popolazione”.
La diocesi di Bangassou ha 12 parrocchie, di cui due temporaneamente chiuse proprio a causa della presenza dei ribelli. L’altro grande problema “è il fatto che l’accesso a è diventato quasi impossibile. Nella stagione secca quando si può ancora viaggiare, in macchina o in camion ci vuole una settimana/dieci giorni per arrivare alla capitale Bangui”, mentre nella stagione delle piogge “è praticamente impossibile muoversi, quindi bisogna prendere l’aereo delle Nazioni Unite”. Il vescovo di Bangassou, di cui p. Aurelio sarà inizialmente coadiutore, è stato in viaggio in Europa per cercare fondi per la formazione dei seminaristi. Bangassou è una diocesi molto viva, con 28 sacerdoti diocesani e francescani, una congregazione di suore, un seminario minore con una sessantina di seminaristi e una quindicina nel seminario maggiore. “Una volta finiti i primi anni nel seminario minore questi ragazzi si spostano nella capitale Bangui – precisa padre Gazzera – e sanno che per parecchi anni (da tre a cinque) non potranno più vedere la loro città perché le comunicazioni sono diventate quasi impossibili. Rimarranno lontani da casa e dalle famiglie, è una scelta abbastanza impegnativa”. A Bangassou ci sono anche molte scuole elementari e medie gestite dalla diocesi, case per gli orfani e per le persone anziane, spesso vittime di accuse di stregoneria. “C’è un grosso impegno pastorale e sociale. Cercherò di dare una mano e vedere piano piano cosa si può fare per rispondere sempre di più e sempre meglio ai bisogni della popolazione”.
“I primi tempi da vescovo – confida il missionario – sono momenti molto particolari. La proposta mi era già stata anticipata da qualche mese. La decisione era chiara. Il problema viene dopo, quando ti rendi conto di ciò che comporta come impegno personale e spirituale. Un impegno così grande, così profondo. I doni che il Signore fa alla Chiesa nella figura del vescovo, come il ministero della predicazione, della santificazione, del governo, sono cose che vanno senz’altro al di là della capacità umana e so benissimo di non avere la capacità di poter fare una cosa del genere”.
“Le carezze del Signore”. Nonostante i timori, prosegue, “sento che interviene e agisce proprio la grazia di Dio, la grazia del sacramento e dello Spirito Santo”. “La cosa più bella, che mi ha letteralmente travolto e stravolto è l’affetto e la preghiera di tantissime persone. Quando sono rientrato a Baoro hanno fatto un corteo con le moto, mi hanno accompagnato gli ultimi 2 km e siamo andati a piedi fino alla parrocchia. La stessa cosa a Bozoum.
Per me questa è una carezza del Signore: quando affida un impegno, un peso così importante, dà anche la grazia di accoglierlo.
E la preghiera e l’affetto di tantissima gente è veramente un balsamo che mi aiuta giorno dopo giorno a cercare di entrare sempre più in questo mistero che è l’episcopato”.
La Settimana Santa è vissuta dalla popolazione della Repubblica Centrafricana come “un momento che dà pace, ci permette di affrontare i problemi e i rischi di ogni giorno e di andare avanti”. La religiosità in Centrafrica è molto popolare e sentita. Alle messe domenicali, che durano anche tre ore, partecipano attivamente tantissime persone, che si esprimono con canti e danze. “Ci si prende del tempo per Dio, per pregare”. La celebrazione della Domenica delle Palme è un momento molto sentito, con la processione e le palme intrecciate. Poi ci sono i ritiri, le confessioni. La messa crismale del Giovedì Santo è anticipata di qualche giorno per permettere ai sacerdoti che abitano più vicino di andare in cattedrale e poi di tornare nelle rispettive missioni. La lavanda dei piedi è uno dei momenti più forti e significativi perché le autorità, “che in genere si fanno servire, non rispettano né le persone, né i programmi e gli orari, lavano i piedi alle persone comuni”. Il pomeriggio del Venerdì Santo si svolge la Via Crucis, poi l’azione liturgica. Durante la grande veglia pasquale si celebrano tanti battesimi, come pure nelle settimane successive. “La notte di Pasqua è un momento molto bello, con il buio, il fuoco, e la luce pasquale che piano piano entra nelle chiese e illumina la vita di ognuno di noi – dice -. Nelle piccole chiese e cappelle nei vari villaggi invece la cosa è un pochino più semplice, se ne occupa il catechista”. Quest’anno se ne occuperà anche un vescovo, che andrà a celebrare personalmente in piccoli villaggi vicino Baoro.