Medicinali: Fiaso-Farmindustria, “servono tempi più rapidi per approvazione studi clinici in Italia”

“Tempi più rapidi per l’approvazione degli studi clinici in Italia”. La richiesta arriva dal tavolo di lavoro tra Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) e Farmindustria che si è riunito oggi presso l’Auditorium “G. Bonadonna” dell’Irccs Istituto nazionale tumori di Milano. Nel 2022, i clinical trial in Italia sono tornati ai livelli del 2019, con 713 sperimentazioni concentrate principalmente nelle fasi II e III, ponendo l’Italia al terzo posto nell’Unione europea per numero di sperimentazioni cliniche dopo Spagna e Germania. E sempre nello stesso anno gli investimenti in ricerca e sviluppo sono stati pari a 1,9 miliardi di euro, il 6,8% del totale degli investimenti in Italia. L’oncologia rimane al centro dei bisogni e degli investimenti ma la gran parte dei pazienti fragili affetti da patologie complesse necessitano di trattamenti innovativi e personalizzati. Nonostante il Regolamento europeo per la ricerca clinica abbia stabilito tempi di autorizzazione allineati per tutti i Paesi membri (da un minimo di 60 giorni a un massimo di 106 a partire dalla data di sottomissione), “in Italia – spiegano Fiaso e Farmindustria – i processi amministrativi di approvazione risultano ancora più lunghi e difficoltosi rispetto alla media europea”.
“La ricerca clinica rappresenta non solo un’opportunità di innovazione, ma è anche cruciale per migliorare l’appropriatezza delle cure offerte ai pazienti e contribuire alla sostenibilità del sistema”, spiega Giovanni Migliore, presidente Fiaso, secondo il quale occorre “completare presto il quadro normativo per mettere in condizione i centri clinici del servizio sanitario nazionale di attrarre nuovi investimenti e restare competitivi anche a livello internazionale”. “L’Ue deve accelerare per recuperare il gap – afferma il presidente di Farmindustria Marcello Cattani -. Per la nostra Nazione è fondamentale assicurare ai cittadini tempi di accesso più rapidi all’innovazione, con un approccio più moderno che ci auguriamo arrivi dalla riforma di Aifa. Perché i tempi, sommandosi a quelli necessari per l’arrivo nelle singole regioni, sono troppo lunghi per i pazienti, che hanno diritto a essere curati appena sia disponibile la terapia”.

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