“Esempio di sensibilità missionaria e di fede nella Provvidenza, e anche dei suoi due fratelli: don Santo, pure lui missionario salesiano, e don Giovanni Battista, sacerdote diocesano”. Così il Papa, nel discorso preparato per l’udienza ai membri della Fondazione “Mons. Camillo Faresin” di Maragnole di Breganza (Vicenza) in occasione del ventesimo anniversario di fondazione – letto da mons. Filippo Ciampanelli, della Segreteria di Stato – definisce mons. Camillo Faresin, per lungo tempo vescovo di Guidatinga nel Mato Grosso. “Lavorare tra gli ultimi e lavorare insieme”, la consegna del Papa, che ricorda come il nome del vescovo Camillo è annoverato, a Gerusalemme, tra quelli del “Giardino dei Giusti”, proprio perché, “prima ancora di poter partire per il Brasile, bloccato a Roma a causa della seconda guerra mondiale, non si è lasciato fermare dalle circostanze, prodigandosi con carità e coraggio nell’assistere gli ebrei perseguitati. Così è stato per tutta la sua vita, come sacerdote e poi come vescovo, con un impulso irresistibile a farsi vicino ai più sfortunati. Fino a quando, terminato il suo mandato episcopale, ha chiesto e ottenuto di poter rimanere fra la sua gente, nel Mato Grosso, fino alla sua morte, come umile servo degli umili, continuando così nel nascondimento, come amico e compagno di cammino, lo stesso ministero che per tanti anni aveva svolto come guida e pastore”. “Stare con gli ultimi, sempre!”, raccomanda il Papa: “Scegliendo e privilegiando, nei vostri progetti, le realtà più povere e disprezzate come luoghi speciali in cui rimanere”. “Agire insieme – puntualizza Francesco – non significa solo fare del bene, ma anche e soprattutto crescere uniti nel bene, gli uni a servizio e sostegno degli altri. Fare insieme, infine, è anche un’espressione di fede nella Divina Provvidenza”.