Domenica 10 marzo – IV di Quaresima

Dio ha mandato suo figlio Gesù Cristo perché il mondo si salvi per mezzo di Lui …

Siamo alla quarta domenica detta “domenica laetare” … Gesù si avvicina a Gerusalemme dove verrà giudicato, condannato e crocifisso e dove poi risorgerà.  Il centro del Vangelo è il grande dono di Dio per l’umanità, come già annunciato nel Natale: “e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, è Lui “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”. Siamo sempre davanti a un bivio, chiamati a scegliere se camminare con Dio o senza di Lui. Non siamo giudicati da Dio, sono le nostre azioni a rivelare chi siamo e quale via stiamo percorrendo: “chi crede in Lui non è stato condannato” (Gv. 3, 18) ma conoscerà la vita piena e quella eterna. Dio nella prima lettura, invia i suoi messaggeri affinché il suo popolo si converta. Anche noi, come il popolo di Israele, siamo in balia del peccato, il nostro territorio è saccheggiato dai nemici e il tempio, il nostro cuore, rischia di essere distrutto. Ma Dio viene in soccorso, non ci lascia soli nel peccato. Dio ci ama, così tanto da donare il suo Figlio Gesù Cristo. Il verbo greco esprime contemporaneità tra l’amore e il dono. Dio ci ama e si dona, si fa conoscere e noi lo conosciamo attraverso la Croce. È sulla Croce infatti che assistiamo alla più grande “teofania” rivelata all’umanità e ai pagani. Cristo stende le sue braccia sulla croce per mostrarci il vero volto di Dio. Un Dio che non è schiavo dell’ira e del giudizio, mosso solo da compassione e amore, che si lascia umiliare e disprezzare, affinché chiunque alzi lo sguardo trovi in Lui la salvezza e la guarigione dal veleno dell’idolatria e dell’egoismo. “E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna” (Giovanni 3:14-15). Il suo sguardo è una calamita che attrae verso l’eternità e la gioia.  “E quando sarò innalzato dalla terra, attirerò a me tutti gli uomini” (Gv. 12, 32). Solo un amore crocifisso può attrarre e redimere. Il “buon esempio” fa più proseliti di tante parole, post su facebook o spot pubblicitari, perché “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv. 15, 13). In questa domenica siamo chiamati alla gioia perché nel dono di Cristo sono azzerati tutti i peccati dell’umanità e scopriamo di non essere più soli. Nella solidarietà del Crocifisso trovano speranza i moribondi, i rifugiati e i peccatori incalliti. In questa “domenica laetare” riscopriamo la gioia del dono dell’offerta di sé come sacrificio vivente e culto spirituale gradito a Dio. La vera liturgia della lode sta nel donare liberamente se stessi. “Non si può donare che non si possiede”, ricordava un padre della Chiesa. Dio dà tutto sé stesso: Gesù Cristo! In questo dono facciamoci anche noi dono l’uno per gli altri, perché solo in questo modo riscopriremo il senso più profondo della Pasqua.  In un mondo lacerato da discordie e guerre, dove il “business” ha priorità sulla gratuità, dove non si fanno più sconti per nulla, Cristo ci dona il suo corpo e la sua vita. Nell’oblazione cruenta della croce ritroviamo il senso della nostra vita e della nostra identità cristiana. Paolo ce lo ricorda: “Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede” (1 Cor 15).  Tutto è dono e provvidenza, anche il nostro male, in Gesù, viene trasformato in bene. “Felice colpa – cantiamo la notte di Pasqua –, che meritò un così grande Salvatore, Felix culpa!”. La colpa di Adamo è una cifra ermeneutica per capire il valore sacro del Sangue versato da Cristo. Il Sangue sulla croce è il vero antidoto al veleno della morte e della notte infernale che cederà il passo all’aurora, la vera Luce senza tramonto. Impariamo allora ad esultare e a rendere grazie a Dio, perché nel suo dono riscopriamo il nostro. Gesù, consegnandosi liberamente alla passione ci ha salvato.  Il valore salvifico del gesto di Cristo consiste proprio in due atteggiamenti divini: la sua libera e gratuita offerta al Padre per ciascuno di noi. Chi sarebbe pronto a pagare una colpa non sua? In questo Gesù ci dà l’esempio, perché come ha fatto Lui possiamo, col Suo aiuto, fare anche noi.