“La fatica non ha diritto di esistere perché di sangue versato, ce n’è tantissimo. Sia il Papa personalmente sia la Chiesa, continuiamo e dobbiamo continuare a cercare tutte le vie possibili per la pace”. A due anni di aggressione russa in Ucraina, il nunzio apostolico a Kiev mons. Visvaldas Kulbokas traccia un bilancio dell’azione diplomatica per la pace del Papa e della Santa Sede. “Ho testimonianze personali e anche attraverso terze persone che dicono quanto Papa Francesco personalmente e non soltanto a parole, sia impegnato tutti i giorni in questa ricerca delle vie per riportare la pace. Però finora abbiamo anche visto che questi sforzi sono stati insufficienti. D’altra parte, la Chiesa, il Papa, noi tutti, quali strumenti abbiamo? Abbiamo lo strumento della fede, quindi della preghiera. Abbiamo lo strumento morale, che è quello di alzare la voce in difesa della vita umana. Non abbiamo altri strumenti ma sono strumenti che diventano efficaci soltanto quando vengono ascoltati e evidentemente questo messaggio della Chiesa finora non è stato recepito. Non rimane altro che continuare”. Il nunzio si rivolge quindi alle leadership, ucraine e russe: “non ha diritto di esistere nessuna azione che minaccia e toglie la vita ad un essere umano. Questo vale per tutti”, dice il nunzio. “Quando si mette al centro del nostro pensiero, la persona, i bambini, le loro mamme e i loro papà, certamente non c’è più posto né per un’aggressione né priorità che a volte si danno alle considerazioni storiche e politiche. È tutta teoria distaccata dalla realtà. L’appello principale oggi è dunque quello di guardare con i propri occhi al sangue che cola. È il segno che parla più degli altri”. All’Unione Europea, il nunzio chiede “una maggiore unità che permette di guardare alla realtà con speranza, rende più coraggiosi e quindi più creativi. Quando l’umanità è più unita, quando ci si riconosce fratelli e si decide di puntare sul positivo che c’è, allora nascono idee, si avviano iniziative e ciò può accadere anche in questo contesto di guerra”.